Baff, il cinema secondo Enrico Vanzina: il regista incanta il Sociale di Busto

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di Andrea Minchella

BUSTO ARSIZIO – Il cinema in carne e ossa. Un autore pop. Uno scrittore di cinema. Enrico Vanzina è questo e molto altro.

La diciassettesima edizione del Busto Arsizio Film Festival si apre con un intimo e quasi sussurrato intervento, Della Casa lo chiamerà monologo, dello sceneggiatore, e non solo, che insieme al fratello Carlo ha dato vita ad alcuni dei film italiani più visti in assoluto degli ultimi quarant’anni. “Eccezziunale Veramente”, “Sapore di Mare” e “Vacanze di Natale”, per citarne solo alcuni, sono un nitido e puntuale spaccato della società italiana che, con i suoi vizi e le sue virtù, rimane quasi sempre la migliore protagonista di tutta la commedia cinematografica del nostro paese. Nelle sceneggiature di Enrico prende vita, quasi sempre, una storia semplice che diventa iconografica e che, come dice lo stesso Enrico, «spesso assume un’importante funzione simbolica, di un periodo storico o di un aspetto sociale particolari, tanto da rendere queste commedie possibili materie di studio nelle scuole di tutta Italia».

Nel suo racconto Vanzina cita il padre, il leggendario Steno, da cui sia lui che Carlo hanno imparato l’arte di osservare, che rimane il primo e centrale ingrediente per scrivere, prima, e girare, dopo, un film che sappia raccontare in maniera semplice ma efficace un pezzo della storia della nostra società. Se ancora oggi vengono visti da moltissimi spettatori i film di Steno, con Totò o con Alberto Sordi, o i film scritti e diretti dai fratelli Vanzina, è perché in quei film si possono riconoscere i tratti più profondi di un mondo e di una società che sono realmente esistiti e che fanno parte delle nostre più radicate tradizioni.

Vanzina cita Truffaut per spiegare cos’è il cinema secondo lui: «E’ la vita da cui si tagliano i momenti di noia». E in effetti i film scritti da Enrico e diretti da Carlo riescono sempre a intrattenere, far ridere, far piangere o far riflettere, ma difficilmente lasciano indifferenti i propri spettatori.

Il “monologo” di Vanzina tocca quasi sessant’anni di cinema. Racconta aneddoti in cui Sordi, Monicelli, Totò, Lattuada, Pozzetto o Villaggio sono i protagonisti. Condivide con il pubblico attento del Teatro Cajelli di Busto un’infinità di ricordi che, spesso, sembrano commuoverlo. In certi momenti si avverte l’emozione vera e autentica di un gigante che si vuole sentire come una persona normale.

Dopo aver consigliato, a chi vuole intraprendere la carriera di sceneggiatore, di scrivere un soggetto vincente, che rimane il cuore pulsante dell’intero film che ci si appresta a realizzare, Enrico Vanzina spiega cos’è per lui il vero successo di un film: quando, molti anni prima, suo figlio fu ricoverato in ospedale per molto tempo a causa di un gravissimo incidente, decise di portargli un televisore con un videoregistratore sperando che potesse distrarsi in qualche modo da quella situazione fortemente traumatica. Una sera mentre stava andando a trovarlo, prima di entrare nella sua stanza, lo sentì ridere appassionatamente mentre stava guardando “Vacanze di Natale”. Quello per lui fu il vero successo del suo film.

Alla domanda finale di Steve Della Casa sui suoi cinque film preferiti, Vanzina riesce ad inserire in uno spazio così piccolo l’intero panorama cinematografico degli ultimi cento anni. Inserisce infatti un film di Billy Wilder, uno di Kubrick, uno di Hitchcock, uno di Chaplin e lo spesso citato durante la serata “La Dolce Vita” che rimane, probabilmente, un esempio mitografico per le generazioni passate, quelle contemporanee e quelle che verranno.

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