Bertolaso saluta la Lombardia: «Risolti i problemi, questa regione è una Ferrari»

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Guido Bertolaso, al centro della foto, saluta tutto il suo team

MILANOGuido Bertolaso, commissario della campagna vaccinale regionale, lascia la Lombardia. La sua missione si chiude qui. Anche se lui afferma «di essere pronto a tornare qualora ce ne fosse bisogno. Ora la macchina vaccinale funziona. Diciamo che finisce il primo tempo». E torna a Roma, «non per candidarmi a sindaco – dice a Malpensa24 – ma per fare il nonno». L’ultimo atto della sua attività sarà domani (2 giugno) in occasione della Festa della Repubblica, «quando apriremo ufficialmente le prenotazioni vaccinali anche per i giovanissimi».

Guido Bertolaso, possiamo ufficialmente dire che la sua missione in Lombardia è terminata?
«Diciamo che è terminato il primo tempo. E, sempre per rimanere in campo calcistico, che abbiamo raggiunto l’obiettivo prefissato per questa campagna vaccinale. Iniziata certamente con qualche problema, ma ora credo si possa dire che la Lombardia ha vinto lo scudetto. Insomma il mio obiettivo l’ho raggiunto».

Però la campagna vaccinale è ancora in corso, quindi? 
«Quindi ora facciamo lavorare la macchina, gli hub e il personale dedicato alle vaccinazioni, volontari compresi. Io comunque continuerò a seguire la campagna e di tanto in tanto verrò a Milano. Poi, ma spero di no, se ce ne fosse bisogno sono pronto».

Quanto è stato complicato raddrizzare una situazione che a un certo punto sembrava compromessa? 
«Se non ci fossero stati problemi non sarei arrivato. Ma la questione è un’altra. La Lombardia è una Ferrari. Certo non avena la benzina, aveva qualche gomma sgonfia e qualche cilindro che non funzionava. Ma una volta sistemate le cose, questa regione resta una Ferrari. E se siamo riusciti a far funzionare il motore lo si deve a tutta la squadra. Bisognava mettere le persone giuste al posto giusto e io ho avuto la fortuna di averle a disposizione. Per questo ringrazio tutti».

Qual è stato il momento più critico? 
«Quando abbiamo mandato gli over 80 di Cremona a vaccinarsi a Varese e quelli di Abbiategrasso a Brescia. Quelle sono state settimane davvero difficili. Ma risolto quel problema la macchina ha marciato alla grande».

E cosa si porta via da questa esperienza? 
«Aver vaccinato 2 mila anni di storia del nostro Paese. Ho avuto la fortuna di somministrare il vaccino a una ventina lombardi con più di cent’anni ognuno. Mi hanno raccontato le loro storie e la loro vita. Una bella lezione. Loro sono la memoria di un Paese che spesso dimostra di averla troppo corta».

Ora torna a Roma. Per fare il candidato sindaco? 
«No, torno a Roma per fare il nonno».

E saluta uno dei suoi più stretti collaboratori: Marco Magrini, dirigente dell’Ats Insubria. Sicuro di non volerlo portare con lei?
«Se mi fossi candidato l’avrei voluto sicuramente al mio fianco anche a Roma. Ma ora voglio davvero dedicarmi al mio nipotino e Marco Magrini credo sia più utile qui in Lombardia».