Bocciata al Pirellone la mozione di sfiducia a Fontana: «Perdita di tempo»

MILANO – Bocciata la sfiducia al presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana al Pirellone: con 49 voti contrari, i gruppi di maggioranza e Italia Viva hanno respinto la proposta presentata dai gruppi di minoranza, che ha incassato 29 voti favorevoli. «Una mozione molto inconsistente – secondo il governatore Fontana – la maggioranza ha dato risposte molto chiare. Abbiamo perso un po’ di tempo e adesso dobbiamo ricominciare a lavorare alle cose che servono ai nostri cittadini». Fuori dal Pirellone, uno sparuto gruppo di contestatori dei Carc ha esposto uno striscione che rispolvera la scritta “Fontana assassino”, per la quale la Procura di Milano aveva già aperto un’inchiesta per minacce.

La mozione di sfiducia

La mozione di sfiducia delle minoranze (eccetto Italia Viva) è stata respinta alla fine di un lungo dibattito nell’aula del Consiglio regionale della Lombardia. «L’emergenza Coronavirus ha dimostrato che la giunta Fontana non si è dimostrata di qualità sufficiente a tutelare la salute dei suoi cittadini – si legge nel documento – le scelte di politica sanitaria poste in essere da Regione Lombardia si sono rivelate in gran parte sbagliate, d’improvvisazione a volte antiscientifiche ed opache». Inoltre la Lombardia «è stata di gran lunga la regione più colpita dall’epidemia di Covid-19: al 27 luglio, i casi sono stati oltre 95.000 (su 246.000 in totale, in Italia), e i morti oltre 16.000 (su un totale di circa 35.000)». I consiglieri del Movimento Cinque Stelle hanno platealmente portato degli scatoloni agli esponenti della maggioranza.

In difesa di Fontana

Oltre agli interventi dai banchi di maggioranza, in difesa del governatore Attilio Fontana si è schierata in particolare proprio Patrizia Baffi, l’esponente di Italia Viva in dissenso con le opposizioni, che era già stata nominata dal centrodestra presidente della commissione d’inchiesta sul Covid prima che il suo partito la convincesse a dimettersi: «Oggi è un giorno triste per la Lombardia, perché quest’aula, in meno di 100 giorni, si ritrova prigioniera di un inutile e vecchio gioco di ruolo, nel quale l’opposizione finge di ergersi a giudice della maggioranza del governo regionale». Fino ad affermare: «Credo sia una crudeltà addossare ad una persona la responsabilità di 16mila morti e proprio per questo, presidente, io credo che qualcuno le debba delle scuse». Di mozione «ridicola» ha parlato il capogruppo di Forza Italia Gianluca Comazzi. «Contro di me e contro i lombardi si attenua quel clima di odio e di rivalsa, alla fine la ragione e la verità trionfano – il commento del governatore della Lombardia – poco alla volta emergono le verità nascoste e si scopre che il Governo non ha condiviso con le Regioni alcune informazioni che avrebbero permesso a quest’ultime di organizzare al meglio la propria difesa contro il virus assassino».

Lo striscione contro Fontana

Il presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi, parlando di «clima di grande correttezza istituzionale» e «toni accesi ma rispettosi» in aula, ha stigmatizzato la presenza di «uno sparuto gruppo di sedicenti rappresentanti del popolo, riuniti sotto il simbolo dei Comitati Armati per la resistenza Comunista, all’esterno di Palazzo Pirelli» che ha «esposto uno striscione con la scritta “Fontana assassino”, ennesimo episodio becero di quell’incitamento all’odio e alla demonizzazione degli avversari politici che pensavamo fosse ormai definitivamente relegato al secolo scorso».

Astuti: «Si sono autoassolti»

«Si sono autoassolti ma il giudizio dei lombardi su di loro è cambiato profondamente – sostiene il consigliere regionale varesino del Pd Samuele Astuti – a Fontana e alla sua giunta regionale i cittadini non perdonano l’arroganza, l’aver detto che non avevano sbagliato nulla e che dormivano sonni tranquilli. Per mesi abbiamo chiesto un cambio di rotta, dalle scelte sulle case di riposo al tracciamento con test e tamponi dei contatti di chi aveva contratto il virus. Lo abbiamo fatto prima con tono collaborativo e istituzionale e quando abbiamo trovato le porte chiuse abbiamo battuto i pugni, ma nel frattempo le cose sono andate come sappiamo».

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