Le elezioni, Forza Italia e i moderati. Al centro

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di Gian Franco Bottini

In tutte le città di una certa dimensione, dove il significato del voto amministrativo si avvicina maggiormente a quello politico, nel migliore dei casi le scelte sono avvenute in virtù dell’opinione di un quarto degli elettori. L’elevato astensionismo è pressochè unanimemente ricondotto a quell’area “moderata” che, nelle varie tornate elettorali che si sono susseguite, si è vista via via sempre più privata di riferimenti, guarda caso in diretta corrispondenza con il decadimento di Forza Italia.

Anche dalle nostre parti il fenomeno è evidente e solo grazie a fantasiose soluzioni, Forza Italia ha potuto allestire liste che, seppur ben lungi dai fasti del passato, hanno salvato un barlume di dignità del “simbolo” ma non certo la faccia e la sostanza. A Varese allestendo una lista che ha recuperato molte figure residuali di altre esperienze, a Gallarate facendo ricorso a “convertiti” da liste civiche ma pagando loro un duro prezzo in termine di immagine, a Busto facendo da succursale della lista del candidato sindaco.

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Gian Franco Bottini

La conquista del mitico “centro”, residenza dei “moderati” astensionisti, è oramai la zona di caccia nei desideri di molti, tanto che da tempo si vocifera di un onirico raggruppamento centrista fatto dai tanti che oggi dichiarano fedeltà a Draghi, il quale, senza volerlo, oggi è l’unico possibile “federatore” delle cui grazie nessuno, a destra e a sinistra, vuole rischiare di restare orfano.

Tutti sembrerebbero volersi candidare a dare il loro contributo a questa operazione “centrista” ma, obbiettivamente, da sinistra gli unici accreditabili paiono essere gli ondivaghi Renzi e Calenda, mentre dalla destra un convinto contributo potrebbe venire da Forza Italia e dalla Lega, o da una parte di essa se non si sanasse l’attuale evidente fronda nei confronti di Salvini.

Un Salvini che deve convincersi ad uscire volontariamente dal suo personaggio e dal ruolo di inseguitore della Meloni, se non vuole farci assistere ad un fenomeno di “suicidio assistito” del quale gli assistenti sarebbero probabilmente dei compagni di partito, ministri o Presidenti di Regione che siano.

E’ emblematico il recente episodio per il quale il “capitano”, con la sua usuale sicumera, ha dichiarato di aver” imposto” a Draghi un incontro per riaffermare la sua leadership nella Lega (il timore di essere oscurato da qualche suo più “moderato” ministro è forte!), imponendo altresì una agenda di incontri, addirittura settimanali, nei quali dettare via via le sue condizioni per la partecipazione al Governo.

Avremmo sinceramente ammesso trattarsi di un grande successo politico se qualche giorno dopo, in sede europea, l’ineffabile Draghi non avesse annunciato lo smantellamento della “quota cento”, quella che è la bandiera salviniana fin dai tempi del Papete. Viene il sospetto che quell’incontro più che una sua richiesta sia stata una convocazione di Draghi per annunciargli le sue inderogabili decisioni; e a pensarla così siamo certi di non essere soli.

Il progetto di una rappresentanza politica del “centro” resterà probabilmente fantasioso fino al 2023 inoltrato, dopo che il centrodestra avrà sudato le proverbiali sette camicie per tener insieme i suoi variegati pezzi, cercando di evitare transumanze e bizze di parlamentari, al fine di poter giocare una partita nell’elezione del Presidente della Repubblica ed evitare elezioni anticipate che manderebbero a casa un Governo che tutto considerato sta godendo delle simpatie della maggioranza degli italiani.

Diversa potrebbe essere invece la situazione a livello locale dove le amministrazioni nuove di zecca paiono saldamente dotate di solide maggioranze e quindi poco soggette a piccole variazioni nel loro organico. Forza Italia, per quello che le resta, potrebbe essere localmente l’innesco dell’operazione “centrista”, dimostrando il coraggio, che nelle ultime circostanze è mancato, di operare quello strappo dalla sudditanza sovranista che l’ha ridotta ai minimi termini, incapace di rappresentare il suo elettorato.

Ma anche su questo versante, poche sono le speranze. E’ più facile pensare che la difesa di striminzite posizioni qua e là furbescamente concessele (un vice-sindaco, un Presidente di Consiglio, un assessore etc) tengano inchiodato il partito, destinandolo ad un ruolo marginale e ad una inevitabile e definitiva consunzione.

E allora l’unica strada possibile per creare delle situazioni che potrebbero essere prodromiche di una operazione politica di livello nazionale, sembrerebbe quella fatta da singole persone dotate di buona volontà, che decidessero coraggiosamente di “uscire dalle melmose  trincee” nelle quali sono finiti i forzisti e con umiltà, pazienza, passione, disinteresse e molta fatica, dessero linfa ad esperienze più o meno “civiche” che, conquistando la fiducia del popolo dei “moderati”, fossero la premessa di una più strutturata operazione, per quando e se i partiti nazionali riconquisteranno la loro dignità politica.

Ricordando, anche a noi stessi, che non è quello che diciamo o pensiamo che ci definisce, ma quello che facciamo.

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