Le farisaiche quote rosa e le “condizioni competitive” di Draghi

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di Gian Franco Bottini

Chissà cosa avranno pensato le ultracentenarie mura del Parlamento, ascoltando il primo intervento del premier Mario Draghi. Abituate a discorsi di insediamento ampollosi ed arzigogolati, dove il politichese, nel turbine della sfida dialettica, si mescola spesso con la ricerca della battuta ad effetto, questa volta hanno dovuto assistere ad un impacciato intervento che, in poco più di mezz’ora, ha elencato i punti salienti di un programma, con uno schematismo poco appariscente ma del tutto funzionale.

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Gian Franco Bottini

Spesso la forma è sostanza e se questo è il modo di comunicare di Draghi, schematico ed asciutto, possiamo solo sperare che lo trasferisca e lo imponga a tutto il suo entourage, dando un taglio alla dissenteria verbale di politici, virologi, commissari, presidenti e pseudo esperti che,  soprattutto in tempo di Covid, con il loro gran ciarlare, hanno causato danni ed apprensione, oltre che confusione. Sembra una sciocchezza ma il parlare a vanvera, soprattutto in questi momenti di tensione e paura, è fonte di danni morali e a volte anche economici. Ben venga perciò una maggiore sobrietà nella comunicazione del Palazzo!

Quando per esprimere un impegno si usano poche parole, si dà luogo a meno fraintendimenti e ancor meno a doppie interpretazioni. Un esempio, stralciato dal discorso di Draghi e di attualità europea, riguarda quanto da lui affermato circa la “parità di genere”, da non intendersi come “il mero e farisaico rispetto delle quote rosa richieste dalla legge.” In poche parole e in qualche azzeccato aggettivo c’è tutto il problema, la sua complessità e il giudizio negativo sul fasullo, ed in un certo senso offensivo, tentativo di soluzione “ope legis”.

Regolarmente si portano ad esempio i Paesi nordeuropei, con la Finlandia in testa dove, pur in assenza di “quote rosa”, esiste un Governo a trazione pressoché interamente femminile. Potremmo ironicamente chiederci se in quel paese non esista, per caso, un problema di “parità di genere al contrario” con la necessità di “quote azzurre” a protezione del sesso “forte”, ma sappiamo che non è così.

Abbiamo sempre ritenuto l’introduzione delle “quote rosa”, oltre un decennio fa, una furbesca scorciatoia che, oltre ad essere poco dignitosa e discriminante verso il sesso femminile, (quasi fosse una misura protettiva per una razza in estinzione!) risulta altresì essere castrante (basandosi solo su una identificazione numerica) rispetto al vero ed unico percorso di crescita che può veramente cambiare il corso delle cose: la meritocrazia.

Da allora il sesso femminile, non certo in virtù di “quote” ma per il riconoscimento di intrinseci valori personali, ha comunque fatto passi da gigante anche in Italia , dove troviamo oramai molte donne ai vertici di strutture sia nell’economia che nella finanza, nella cultura e nelle scienze; forse un po’meno nella politica, dove del resto è evidente che la pochezza generale prescinde dal sesso.

Nel suo discorso Draghi, dichiarando la sua intenzione di garantire alle donne “condizioni competitive”, ha con due semplici parole indicato un percorso che eviti loro la struggente scelta fra famiglia e lavoro. Che tale scelta sia drammaticamente attuale è reso evidente dal calare delle nascite e chiama in causa necessari interventi di sostegno nel sistema del welfare; ma chiama altresì in causa il ruolo dato alla famiglia nella nostra cultura cattolica, o laicamente mediterranea, rispetto a quella, per esempio, dei suaccennati paesi nordeuropei di radice protestante.

Siamo convinti, come Draghi, che l’apporto femminile sarà importantissimo in un momento di rilancio, ma siamo altresì consci, e vorremmo che lo fosse anche lui, che molto vi è da fare a sostegno soprattutto dei livelli più bassi della catena lavorativa e sociale. Ad onor del vero comunque, come abbiamo già detto, l’integrazione femminile nei ruoli di più elevata responsabilità ci pare soddisfacentemente avviata e forse anche consolidata, e questo sicuramente in virtù delle reali capacità e dei meriti dimostrati e non certo in virtù di risibili “quote rosa”.

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