Candidati sindaci, avanti le seconde scelte

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di Gian Franco Bottini

Ci furono tempi nei quali essere sindaco di città come Milano, Roma, Torino, Napoli era uno dei maggiori riconoscimenti personali che un uomo, politico o meno che fosse, poteva ambire di ottenere nel corso della sua vita. I tempi cambiano e l’evidente riprova è che, nelle stesse città, oggi c’è il gioco a nascondino da parte dei papabili più prestigiosi e i partiti, costretti a puntare su delle seconde scelte, denotano tutta la loro incapacità a trovare delle convergenze.

Meglio non va certo in città come le nostre dove le candidature più rilevanti, quelle del centro destra, devono essere imposte “manu militari” dalle segreterie provinciali lasciando una scia di precarietà e il sentore di un non pacifico futuro.

Con tutto il rispetto delle “ragioni personali” utilizzate dai possibili candidati per giustificare, più o meno credibilmente, il loro diniego, pensiamo che le vere ragioni di tale curiosa situazione risiedano nel clima generale che avvolge oggi la politica dopo che, per manifesta incapacità, i partiti hanno dovuto dar strada al governo Draghi. I partiti, costretti a convivere in un’unica zuppa governativa, cercano di conservare la loro individualità, chi con battaglie di uno smaccato populismo (mascherine, coprifuoco, piscine e così via), chi alzando l’asticella (tasse sulle successioni) e rischiando “di farla fuori dal vaso”.

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Gian Franco Bottini

Bloccati da Draghi nell’ambito del governo, i partiti cercano lo scontro fuori, nell’ambito dei comuni, dove la sfida è soprattutto con gli “alleati” all’interno delle coalizioni, cosa maggiormente evidente nel centro destra. Risulta chiaro e giustificato che, di fronte a tale disordinata conflittualità, chiunque chiamato in causa si dimostri frigido di fronte all’ipotesi di una candidatura frutto di una prolungata e rissosa competizione interna e foriera di successivi dissensi fra coloro che dovrebbero invece essere i suoi più coesi sostenitori. Nessuno lo ammetterà, ma anche tutto quanto sta emergendo sulla politicizzazione della Giustizia potrebbe fungere da deterrente alla accettazione di una candidatura in una grande città, dove Tribunali e Procure hanno sicuramente una incisiva presenza.

In qualche modo, prima o poi, le candidature verranno espresse ma, come succede in questi casi, ne soffrirà la qualità, prima dei sindaci e poi dell’amministrazione, dove, anche fra alleati, alcuni continueranno a sentirsi defraudati. Pare che le maggiori difficoltà si stiano riscontrando nell’area del centro destra, dove i così detti “moderati”(F.I) appaiono, in maniera mortificante, esclusi persino dalla partecipazione al litigio e ridotti, dalle altre componenti, così dette “sovraniste”(LN e FdI), al deprimente ruolo di parenti poveri. In questo caso il rammarico è soprattutto riferito agli elettori “moderati” che, trovandosi senza tetto e non disponibili ad accettare estremismi di sorta, potrebbero reagire rinunciando al voto per il governo delle loro città e per la vita futura delle loro comunità, abbondantemente provate da un periodo particolarmente difficile.

Qualcuno potrebbe eccepire che ci stiamo occupando di cose che non ci riguardano da vicino, ma non è così. Parlare di Milano o di Roma, significa parlare, per diverse ragioni, di due organi vitali di quell’ unico organismo che è il Paese e parlare delle loro difficoltà significa evocare altre difficoltà che ci si prospetteranno in un momento non lontano, nel quale invece avremmo la necessità di poterci occupare
unicamente della ripresa, per non dire ricostruzione, del Paese, Nel 2022 infatti si dovrà rinnovare la Presidenza della Repubblica e nelle vicende degli ultimi anni si è chiaramente evidenziato quanto la questione non sia una pura formalità. Chi dovrà decidere in proposito sarà un Parlamento che obbiettivamente non rappresenta più il Paese reale. Inoltre, data la prevista riduzione dei del numero di parlamentari, circa 200 di essi sanno che non potranno avere più spazio nella prossima legislatura e quindi, presumibilmente alla ricerca del loro futuro, saranno poco sensibili a seguire le indicazione dei loro attuali partiti di appartenenza, molto più disponibili alle blandizie “del mercato”. Tragico, ma anche questo presumibilmente vero!

Ecco perché partite importanti, come quelle delle grandi città, avrebbero potuto essere una buona palestra, per dei partiti chiaramente giù di forma, per trovare le giuste tonalità da applicare in momenti di evidenti e diffuse stonature. Ma, così non è. Vien da ricordare, con molte scuse, la greve riflessione, di qualche anno fa, di un navigato personaggio: “il decadimento del dibattito politico lascia lo spazio solo alla discussione su chi ce l’ha più duro”.

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