Busto Arsizio e Gallarate, l’unica via d’uscita è il voto

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Non è un grande momento per le amministrazioni civiche delle due città più rappresentative della provincia dopo il capoluogo, cioè Busto Arsizio e Gallarate. Non lo è per il disagio politico che le attraversa; una, Busto Arsizio, agitata dalla crisi di rapporti tra il suo sindaco e il partito di maggioranza relativa, la Lega; l’altra, Gallarate, ancora sotto choc per le conseguenze dell’inchiesta Mensa dei poveri che ha coinvolto, seppure in modo marginale, persino il primo cittadino.

A Busto si contesta al sindaco Emanuele Antonelli un atteggiamento dispostico, da uomo solo al comando, plasticamente testimoniato dalle censure che concretizza nei confronti dei giornalisti che egli ritiene avversari. Accuse che arrivano dai suoi principali alleati, i leghisti. I quali avvertono e subiscono una condizione di sudditanza, sfociata nella caccia ai fantasmi che Antonelli ha messo in atto nel tentativo di delegittimare chi, secondo lui, brigherebbe per prendere il suo posto. Sbocco ulteriore in un iperattivismo che denuncia nervosismo e scarsa lucidità politica, cioè la preoccupazione personale di essere lui stesso delegittimato. Situazione paradossale, che, piaccia o no ai vertici del Carroccio preoccupati di mantenere lo status quo, si riflette in maniera negativa sull’intero sistema amministrativo.

A Gallarate si lavora per arginare la mozione di sfiducia ad Andrea Cassani, impegolatosi suo malgrado e, in verità, su una questione giuridica all’apparenza di lana caprina, nell’inchiesta della magistratura milanese che ha fatto traballare il suo esecutivo. Mozione che non passerà per concessione dei superstiti di Forza Italia i quali, pur di conservare lo strapuntino che occupano, si schierano “convintamente” con Cassani. Giustificandosi, nonostante abbiano perso ogni rappresentanza in giunta, con la necessità di concludere l’impegno amministrativo in atto. Il problema è che le scorie del malaffare continuano ad allungarsi su Gallarate o su alcuni suoi settori, incapaci di uno scatto d’orgoglio pur nella consapevolezza di non essere stati coinvolti dalle illegittimità di altri. Ma le responsabilità politiche non si possono cancellare facendo finta che non sia accaduto nulla.

Da queste premesse scaturisce la constatazione che senza l’irrinunciabile serenità, che, al di là delle fisiologiche contrapposizioni, dovrebbe caratterizzare qualunque esecutivo, risulta un azzardo continuare un cammino tortuoso, da separati in casa, fonte di precarietà e incertezze sul futuro. Sia a Busto Arsizio sia a Gallarate. Due città dove, in difetto di novità rasserenanti, soltanto uno scossone elettorale si rivelerebbe salutare per ricominciare da capo. Peraltro nella certezza che il centrodestra e, nel centrodestra, la Lega tornerebbe in scioltezza nelle stanze che contano. Ma con rinnovato entusiasmo, con alcuni delle donne e degli uomini di adesso (Cassani compreso) però sgravati da fardelli che oggi impediscono loro di andare a testa alta, come dovrebbe accadere quando si ha la coscienza pulita e non si è obbligati a fare i fenomeni per smentire l’evidenza. E a contrabbandare una dignità politica oramai compromessa.

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