Busto, gli studenti del Candiani davanti a scuola contro la Dad. «Nessun futuro»

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BUSTO ARSIZIO – «Senza scuola non c’è futuro». Una frase semplice, che fino a un anno fa sembrava banale, eppure oggi, sabato 16 gennaio, alcuni studenti del liceo artistico Paolo Candiani di Busto Arsizio l’hanno ripetuta a tutta voce. «Siamo scesi davanti alla nostra scuola perché vogliamo tornare tra i banchi. Abbiamo bisogno degli insegnati, dei compagni e soprattutto del materiale per fare i laboratori. Stiamo rimanendo troppo indietro», dice Matilda Marchetta, la giovane studentessa che ha organizzato la manifestazione.

La scuola in sicurezza è possibile

Di fronte alle porte del liceo in via Manara a Busto Arsizio ci sono coperte, computer, quaderni e cuffiette. E tanti ragazzi che, pur non rinunciando a seguire le lezioni online, hanno scritto un cartellone con una richiesta precisa: «Vogliamo tornare a scuola in sicurezza. Abbiamo preso le coperte per mantenere la distanza, le mascherine sempre indossate correttamente per dimostrare che possiamo tornare in classe evitando il contagio», racconta Beatrice Cassol che studia arti figurative. E che da mesi non può lavorare con l’argilla, o con altri materiali essenziali per il suo indirizzo.

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Come faremo con la maturità?

«La paura è di rimanere indietro, soprattutto noi che siamo in quinta non sappiamo cosa aspettarci dall’esame di maturità, perché nonostante i nostri prof stanno facendo del loro meglio, non siamo preparati». E’ questa la paura di Matilda Marchetta, che è al quinto anno e ha voluto farsi promotrice della manifestazione per contestare il caos nel quale si trovano gli studenti. Con la zona rossa che durerà fino al 5 marzo, infatti, i giovani bustocchi hanno visto sfumare le loro possibilità di tornare tra i banchi.

Una situazione deprimente

A sostenere i ragazzi sono in molti. Dai professori che sono passati a salutarli prima di entrare in istituto, ad alcuni negozianti che hanno portato loro cioccolate calde, ai genitori, molti dei quali condividono le paure dei figli. «E’ deprimente vederli da quasi un anno ormai dietro al computer, senza amici, né un vero rapporto con gli insegnanti», racconta Barbara Manenti, la madre di una delle manifestanti. «La mia preoccupazione è che questa situazione continui a lungo e soprattutto mi dispiace vedere che mia figlia non può avere le stesse opportunità in termini di lezioni pratiche e laboratori».

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