Dare voce in tribunale a chi non ce l’ha: a Busto “La giustizia degli ultimi” in un libro

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Chiara Tacchi, fondatrice dell'associazione "La giustizia degli ultimi"

BUSTO ARSIZIO – «A un certo punto non mi è più bastato fare l’avvocato e vincere le cause con facilità: non potevo più girare la testa dall’altra parte». Il libro “La giustizia degli ultimi”, che Chiara Tacchi presenterà domani, venerdì 30 settembre, alle 18.30 alla libreria Ubik di Busto Arsizio, racconta cinque storie: cinque casi giuridici affrontati e vinti in tribunale dall’associazione di volontariato – che porta lo stesso nome dell’opera – da lei fondata a Gallarate insieme al collega Mirko Tosini, con lo scopo di offrire assistenza legale a chi altrimenti non potrebbe permettersela.

O il piatto in tavola o l’avvocato

«Esercito la professione di avvocato da vent’anni e il mio progetto nasce dalla volontà di dar voce agli ultimi, coloro che non hanno possibilità di accedere a un’adeguata difesa. Un fenomeno ormai amplificato già prima della pandemia: io e il mio socio ricevevamo le richieste di tante persone con problemi seri come risarcimenti per danni, incidenti o infortuni sul lavoro».
Oggi lo Stato attraverso l’istituto del gratuito patrocinio garantisce a tutti i cittadini la possibilità di instaurare una causa e, in particolare, a chi ha difficoltà con le spese per avviarla. «Però solo ed esclusivamente nel caso in cui il suo reddito complessivo lordo annuo non superi 12.500 euro», sottolinea Tacchi. «Se hai uno stipendio di mille euro, tra tredicesima e quattordicesima sfori già. E se per caso hai una moglie che fa lavori saltuari non è più possibile andare avanti. In un nucleo familiare formato da moglie, marito e due figli già così finisce la disponibilità economica per ricorrere a un legale e far valere i propri diritti: devi scegliere se mettere il piatto in tavola o andare da un avvocato».

Ai confini del gratuito patrocinio

«A febbraio 2020 – ha raccontato Tacchi – ho allora creato questa associazione, nata prima del libro, per sostenere le spese vive delle cause aperte dalle persone che non possono accedere al beneficio del gratuito patrocinio ma, quanto a mezzi economici disponibili, si trovano ai suoi confini. In altre parole, quelle che “non arrivano alla terza settimana del mese”».
Come primo passo l’associazione “La giustizia degli ultimi” richiede di fornire il reddito Isee: «Non vogliamo aiutare dei furbi a discapito di chi ha veramente bisogno. Ci occupiamo delle spese vive necessarie per la perizia iniziale, volta a individuare il nesso causale, e pagare il contributo unificato per fare causa».
L’azione giudiziaria viene poi portata avanti o richiedendo la distrazione delle spese come difensori antistatari o stringendo un patto di quota lite con il cliente, che pagherà solo quando il tutto si sarà concluso con esito positivo e l’incasso del denaro. «Quando mi sono accorta della presenza di queste falle nel sistema, nel mio piccolo ho cercato di rimediarvi: tante persone si rivolgono a noi, ma poi si fermano quando si accorgono di non avere possibilità».

«Dietro ogni caso giuridico c’è la vita di una persona»

Nel libro “La giustizia degli ultimi” sono contenute cinque storie vere, «cinque casi giuridici e cinque cause sostenute, e vinte, al tribunale di Busto Arsizio. Ma dietro ogni caso giuridico – ricorda Tacchi – c’è la vita di una persona. Sono le storie di coloro che hanno cercato di trovare un modo per avere giustizia; i protagonisti sono gli ultimi, e non il caso giuridico. Per mia indole cerco di entrare in sintonia con loro ma è non un impegno leggero, perché ti porti a casa la loro sofferenza. Solo così, però, sono gratificata dal lavoro che faccio: ora consiste nel dare voce a chi non la può avere, anche per paura o per la vergogna di dire che non ha disponibilità economica. È stato un passaggio necessario, vorrei che le persone sapessero che c’è un modo per far valere i loro diritti». L’associazione “La giustizia degli ultimi” ha sede a Gallarate, ma «collaboriamo con Roma, Torino, Padova, Milano, Varese e Como, dove abbiamo i nostri referenti».

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