A Cardano al Campo nasce il parco dedicato ai martiri delle Foibe

CARDANO AL CAMPO – Il Comune di Cardano al Campo ha deciso: l’area verde tra piazza Carù e via Trento diventa “Parco 10 Febbraio”, dedicato “Ai martiri delle Foibe ed agli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati“. Così ha stabilito la giunta di Maurizio Colombo nell’ultima seduta, recependo la decisione del consiglio comunale del 16 luglio scorso e trasmettendo ora la deliberazione al prefetto di Varese per l’autorizzazione necessaria.

Il voto in consiglio

Fu il consigliere Marco Merlin a portare dieci mesi fa in sala Pertini la proposta, passata a notte fonda con il solo voto della maggioranza.  «Era davvero prioritario dare il nome a un luogo cardanese proprio in questo periodo storico?», chiesero i componenti di Progetto Cardano, sottolineando quella stessa sera l’immobilismo dell’amministrazione cardanese nel fronteggiare l’emergenza pandemica in corso con misure di sostegno economico a famiglie e imprese.  «Per di più senza tener in nessun conto il valore storico, sociale e culturale che un atto del genere poteva avere per tutti i cittadini». Le riserve delle due liste di minoranza si concentrarono anche sulla semantica del titolo attribuito, poiché «il termine giusto è vittime, non martiri».

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L’intitolazione

Il massacro delle Foibe viene celebrato nel Giorno del Ricordo il 10 febbraio di ogni anno che è solennità nazionale. Da qui l’intitolazione dello spazio verde ancora senza nome a ridosso del sovrappasso sulla superstrada 336. Nella relazione inviata in prefettura il Comune ricorda che con la fine della Prima Guerra mondiale nella zona dell’Adriatico orientale ebbe inizio una serrata disputa tra tra Italia e Jugoslavia per il possesso dei territori. In quelle terre di confine il malcontento da parte di una larga fetta della popolazione slava aveva per lungo tempo trovato terreno fertile in ragione della sottrazione di una cospicua fetta dell’Istria da parte degli italiani. Quando l’8 settembre 1943 l’Italia firmò l’armistizio ci fu da parte dei partigiani jugoslavi la rivendicazione per il possesso di Istria e Dalmazia e atti violenti e criminosi vennero commessi nei confronti di italiani fascisti e non solo. Molti di essi vennero torturati e gettati nelle foibe. Molti italiani in quel triste periodo abbandonarono le loro case per evitare di essere trucidati, deportati o gettati nelle foibe, da parte dei partigiani di Tito. Non si conoscono con precisione le proporzioni esatte della tragedia ma si stima che nel periodo preso in esame le vittime assommano a 20.000 e gli infoibati dai 6.000 ai 10.000. Ad essere uccisi non furono solo i fascisti e avversari politici ma anche e soprattutto civili, donne, bambini, anziani e tutti coloro che decisero di opporsi alla violenza dei partigiani titini. Gli infoibamenti continuarono fino al 1947 e ci fu una vera e propria pulizia etnica. Il massacro delle foibe cessò solo quando la Jugoslavia riottenne le provincie di Zara, Pola, Fiume ed altri territori. Ad oggi sono state trovate più di 1700 foibe nella zone dalmate giuliane e tra le più tristemente famose vanno ricordate quelle di Vines, Cernovizza, Semich, Basovizza (Monumento Nazionale). Le testimonianze raccontano che i condannati venivano legati l’uno all’altro con il fil di ferro e gettati vivi in queste profonde cavità naturali dove sarebbero morti giorni dopo tra atroci sofferenze.

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