Cassa integrazione, Roma non paga. Confartigianato Varese: «Basta ritardi»

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VARESE – I soldi, quelli nella disponibilità del Fondo già a febbraio, sono stati utilizzati subito, per far arrivare in tempi ragionevoli il sostegno ai dipendenti delle imprese artigiane fermate dal Covid-19. Ora che, in base agli accordi con il Governo, le risorse per proseguire con l’erogazione della cassa integrazione dovrebbero arrivare dallo Stato, la nave degli ammortizzatori sociali dell’artigianato s’è invece incagliata: lo stallo inizia a incidere pesantemente sui bilanci dei lavoratori, sulle aziende e, di riflesso, sul sistema Italia.

Il disallineamento rispetto al Paese reale

Un domino di cause e concause che «sta indebolendo il tessuto sociale del nostro territorio e che giudico inaccettabile e incomprensibile», ha sbottato il presidente di Confartigianato Imprese Varese, Davide Galli, che oggi, venerdì 10 luglio, ha parlato senza mezzi termini di «incredibile disallineamento rispetto ai bisogni del Paese reale».
Per definire il contesto entro il quale si è levata la protesta, fortissima, del numero uno di viale Milano, bisogna risalire al 26 febbraio scorso, quando – grazie a uno specifico accordo confederale – è stato messo in campo con urgenza dal Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato (Fsba) un intervento di integrazione del reddito per i casi di sospensione delle attività lavorative determinate dal diffondersi del Coronavirus.
La data rinvia a un’altra era geologica: solo cinque giorni prima, il 21 febbraio, l’assessore al Welfare di Regione Lombardia aveva annunciato l’individuazione del “paziente uno Covid positivo” di Codogno (in provincia di Lodi) mentre erano ancora lontani i numeri a tre-quattro zeri dei contagi, il lockdown e il congelamento delle attività commerciali e produttive.

Un passo lungimirante e il ritardo accumulato

Ma, sulla scia dell’emergenza cinese, il Fondo dell’artigianato – primo tra tutti – metteva in moto una procedura semplificata per l’accesso agli ammortizzatori sociali per agire con tempestività a supporto dello stato di salute delle imprese.
«Un passo lungimirante sul quale siamo poi stati seguiti a livello governativo attraverso il decreto Rilancio, che ha introdotto la causale Covid-19 e disposto lo stanziamento di risorse anche a supporto del Fsba» ha ricordato Galli, attingendo ai numeri: dopo il trasferimento della prima tranche di 258 milioni erogati immediatamente ai dipendenti in “cassa”, il Fondo è in attesa che Roma metta in circolo i 500 milioni «fondamentali per evadere le restanti richieste».
Ed eccoci all’oggi, con Fsba che ha iniziato il 29 giugno a elargire le competenze rendicontate nei mesi di marzo e aprile (poco meno di metà mese) nel tentativo di recuperare il ritardo accumulato: «Da giorni facciamo sentire la voce degli imprenditori che chiedono di aiutare i loro dipendenti e, finalmente, qualcosa si è mosso». Qualcosa, ma non tutto. Anzi.

Non si muove foglia da 45 giorni

Galli è quindi tornato a bussare alle porte dei ministeri del Lavoro e delle Finanze, sui cui tavoli sono state «depositate dal Fsba con puntualità le rendicontazioni degli ammortizzatori sociali». Eppure, da 45 giorni, nonostante le rassicurazioni del ministro Catalfo, non si muove foglia: «Per quale motivo?» si è domandato Galli. «Volendo si potrebbe pensar male, ma preferiamo attenerci ai fatti. E i fatti ci dicono che le condizioni per incassare i fondi ci sono tutte: lo si faccia».
Il presidente di Confartigianato non ha nascosto la preoccupazione: «Le pratiche legate al Covid devono essere espletate il prima possibile: sia per una questione di giustizia ed equità nei confronti delle imprese e dei lavoratori sia perché è opportuno che Fsba debba tornare a utilizzare quanto versato dalle aziende per i compiti che gli sono propri, ovvero gestire le attività ordinarie che seguiranno a questa ondata di erogazioni con causale Covid». Tradotto: quanto stanno versando oggi le Pmi va destinato alla cassa ordinaria, che subentrerà quando termineranno i provvedimenti disposti dal decreto Rilancio e le eventuali proroghe.

Non è più possibile costringere le imprese a usare risorse proprie

«Oggi l’unica via è dunque quella della normalizzazione dei tempi di erogazione da parte dei ministeri». Il calendario è impietoso e lo stato di salute del tessuto economico, anche locale, richiede che quanto è stato messo su carta si trasformi il prima possibile in liquidità. «Ci aspettiamo che tutti coloro che rappresentano questo territorio, e che manifestano attenzione nei confronti delle piccole e medie imprese, si mobilitino per arrivare il prima possibile a dare una soluzione a questa insostenibile ondata di ritardi». Come ha concluso Galli, «non è più possibile, vista la crisi che stanno affrontando, costringere le imprese a usare risorse proprie, ove disponibili, per continuare a salvaguardare i posti di lavoro». E allora la domanda è: quanto reggerà ancora il sistema socioeconomico?

Galli: «Cambiare per non morire». Il manifesto di Confartigianato Varese

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