Dalla tele alle tele: Francesco Salvi racconta la sua passione per la pittura

Francesco salvi
Francesco Salvi e Valerio Marini

BUSTO ARSIZO – Le macchine sono sempre state un pallino di Francesco Salvi. L’invito a spostarne una, nel 1989 (“C’è da spostare una macchina”) è stato un vero tormentone musicale finito in vetta alle hit parade e premiato con il disco d’oro. E ora, a 31 anni di distanza, il cabarettista originario di Luino, ha fatto delle macchine uno dei suoi soggetti preferiti nei quadri. Già, perché Francesco Salvi è tornato a quella che è stata la sua passione giovanile: la pittura. Anzi, dice lui, «A dire il vero non l’ho mai abbandonata. Ho sempre disegnato. L’unica differenza è che adesso mi è tornata la voglia di rimettermi in mostra».

Tavola d’artisti

Un’orata al sale nel piatto e di fronte l’amico Valerio Marini. Per un pranzo da Capri in cui si parla tanto di tutto: di vini, di Olimpiadi, dei recenti Europei e ma anche dei più stagionati Mondiali di Spagna e degli azzurri di Bearzot. Il filo del discorso fra giri lunghissimi si snoda e si riannoda e arriva a intrecciare perfino la storia di Luciano Lutring, il “solista del mitra”, ma anche scrittore e pittore. Salvi parla tanto del presente: della sua passione per l’arte e la pittura e poco del passato. Poco delle tre stagioni del mitico Drive in, «un laboratorio eccezionale, mai uguale da una stagione all’altra. E con un ricambio di comici impressionante. Non come Striscia la Notizia, un evergreen ma da tempo sempre troppo uguale a se stessa».  E solo un accenno al Salvi della canzone ironica e di successo. Chiacchiere in libertà, discorsi iniziati e lasciati in sospeso per vedere in tv cosa accade alle Olimpiadi. E, come lampi improvvisi, smorfie e battute che strappano risate.

Francesco Salvi con lo staff del Capri di Busto

Dalla tele alla tela

Maturità scientifica, Istituto d’arte a Urbino e laurea in Architettura. Ma anche esperienze come grafico nel mondo della pubblicità, dove viene notato da da Bruno Bozzetto. Ma più che la tela, a deviare il percorso artistico di Salvi è la tele. Una brillante carriera da comico cabarettista, ma anche a teatro. Prima di tornare alle origini, «da cinque anni a questa parte – racconta – ho fatto anche pace con il mondo dei galleristi. Ma mica dipingo per quello. Lo faccio perché è un qualcosa che mi appartiene». Racconta e sullo smartphone fa scorrere le sue opere.

Francesco Salvi al lavoro nel suo studio

Sulle tele di Salvi si materializzano spazi architettonici, tunnel e strade trafficatissime (sono tutte lì le macchine che con il tormentone canore ha chiesto di spostare) in bianco e nero, ma anche coloratissimi. Elementi in apparenza slegati, ma che nel complesso della tela rendono l’idea della città più post moderna che moderna: «Perché – dice Salvi – oggi il mondo è un casino e le città sono un caos. Questo genere l’ho denominato “Tragedie comiche”». Anche se guardando i quadri di Francesco Salvi c’è poco da ridere, ma tanto su cui riflettere. È così?, chiediamo a Salvi che risponde deciso alla vecchia maniera: «Esatto!».

Un’opera di Salvi