Metalmeccanica a Varese: cresce l’export ma anche la preoccupazione

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VARESE – A cavallo tra stagnazione e recessione. È questa la situazione dell’industria metalmeccanica italiana che emerge dagli ultimi dati sull’andamento congiunturale del settore diffusi da Federmeccanica oggi, martedì 5 marzo. Il focus sull’andamento della provincia di Varese attesta, a fronte di una produzione in aumento trainata dall’export, crescenti preoccupazioni per il futuro. Tra i referenti dei vari settori di Univa Giovanni Berutti (Imprese Meccaniche) conferma lo stato di incertezza, mentre Dario Gioria (Imprese Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie) chiede una politica più vicina alle imprese e contesta il taglio di ore subito dall’alternanza scuola-lavoro.

Uno scenario non monolitico

La fotografia ritrae uno spaccato industriale che per il secondo trimestre di fila registra un calo della produzione. «Il rallentamento dell’economia globale, gli esiti dei rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina, la frenata della produzione in Germania e le incognite sulla conclusione della Brexit sono tutti fattori che generano incertezza e possono spingere verso una preoccupante recessione, a cui si aggiunge l’instabilità interna che rende il contesto economico ancora più complesso», si legge nel report di Federmeccanica. Lo scenario però non è monolitico, come ha spiegato l’associazione di categoria: «Il quadro dell’industria metalmeccanica e meccatronica nel nostro Paese è molto variegato: a fronte di settori (e territori) con volumi che tengono, ci sono settori (e territori) che già si trovano in una fase di stagnazione o recessione».
Di fronte a questo scenario nazionale come si colloca l’industria metalmeccanica e siderurgica varesina? Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, relativi al quarto trimestre 2018, la situazione locale del settore è stata caratterizzata da un aumento dei livelli produttivi, frutto di un effetto rimbalzo rispetto al trimestre estivo che era stato negativo. L’aumento della produzione è stato registrato nel 65,1% delle imprese. Solo il 24,5% ha messo a segno performance positive. Stabile, invece, il 10,4%. Più diversificata e meno netta, invece, la situazione sul fronte degli ordini in aumento nel 36,3% delle aziende, stabile nel 39,5% e in calo nel 24,1%. A trainare il settore sul territorio è l’export che, nei primi 9 mesi del 2018 (ultimo dato disponibile) è cresciuto del 13,3%, arrivando a quota 4,8 miliardi di euro. Bene anche lo scenario occupazionale con il netto calo delle ore di cassa integrazione ordinaria. Quelle autorizzate nel corso del 2018 sono ammontate a 1,4 milioni, il 36,5% in meno rispetto al 2017.
Per quanto riguarda, invece, i prossimi mesi le previsioni delle imprese varesine sono estremamente variegate e volatili: il 40,4% si aspetta un incremento della produzione, il 29,3% una sua stabilizzazione, il 30,3% una sua riduzione.

Nessuna illusione

«I dati non ci devono illudere» ha però commentato Giovanni Berutti, presidente del gruppo merceologico “Meccaniche” dell’Unione Industriali. «Essi, infatti, pur essendo positivi, si inseriscono in un quadro generale di crescente preoccupazione da parte degli imprenditori, anche quelli varesini, come dimostrano d’altronde anche i numeri sulle previsioni per i prossimi mesi. Preservare l’industria metalmeccanica, che da sola rappresenta oltre il 60% dell’export locale, e stimolarne la crescita deve essere la priorità di una politica nazionale e locale che abbia come obiettivo la salvaguardia dell’interesse generale». Secondo Berutti, per riuscire nell’intento, i vari livelli di governo devono operare in maniera coordinata per «sostenere gli investimenti privati produttivi, in tecnologia e innovazione e gli investimenti pubblici in infrastrutture; creare sistemi educativi che consentano di rispondere ai fabbisogni delle imprese di oggi e di domani; abbattere la burocrazia che è al primo posto tra i fattori problematici per fare impresa in Italia; avere un mercato del lavoro flessibile (in entrata e in uscita) per consentire alle aziende di adattarsi ai cambiamenti, e inclusivo attraverso il rafforzamento delle tutele sociali con le politiche attive e con una sostanziale riduzione del costo del lavoro».

Scollamento tra esecutivo ed economia reale

L’attenzione per le richieste delle imprese non deve venire meno. Si registra, infatti, uno scollamento tra le politiche dell’esecutivo e le necessità dell’economia reale, come avvenuto per esempio, anche di recente alla voce formazione. A sottolinearlo è Dario Gioria, presidente del Gruppo merceologico delle imprese “Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie”: «L’istruzione, in particolare l’alternanza scuola-lavoro, ha un fondamentale valore strategico per imprese come le nostre, che stanno vivendo una fase storica di profonda trasformazione. Eppure, l’ultima legge di bilancio ha ridotto le ore di alternanza scuola-lavoro portandole a 150. Da un rilevamento nazionale portato avanti da Federmeccanica, a cui ha partecipato anche l’industria metalmeccanica varesina, il 61% delle imprese giudica negativamente tale ridimensionamento. Per questo chiediamo la reintroduzione per gli istituti tecnici e professionali delle 400 ore di alternanza scuola-lavoro e delle risorse per le scuole. Queste misure devono essere potenziate e migliorate non cancellate o ridotte. Sulla formazione non si possono fare passi indietro. La qualità in questo caso coincide con la quantità. Per comprendere le nuove tecnologie non bastano poche visite aziendali. Inoltre, cambiamenti tecnologici sono molto veloci e quello che è nuovo oggi può diventare vecchio domani. Per questo è necessaria una vicinanza continua tra studenti e aziende. Anche le cosiddette soft skills non possono essere acquisite in poco tempo, richiedono ancora più esperienze in azienda».

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