Delitto Moro e diritto di parola

Ieri era l’anniversario del rapimento di Aldo Moro e del massacro dei componenti della scorta. Un triste anniversario, a quarant’anni esatti da un evento che può essere considerato il nostro 11 settembre. Ne hanno parlato in molti sui giornali e in tv, persone ben più autorevoli di chi scrive, che hanno analizzato, spiegato, discusso. Per quanto ci riguarda vorremmo ricordare una coincidenza marginale, eppure a nostro avviso significativa per alcuni aspetti emozionali che inducono a un paio di riflessioni. Alle corte. Un pomeriggio di alcuni anni fa, il cardinale Carlo Maria Martini,  al termine della sua missione milanese e dopo un soggiorno a Gerusalemme, ospite all’Aloisianum di Gallarate fu richiesto alla presentazione di un libro fotografico. Era ammalato e nel prestigioso centro filosofico dei gesuiti trovava conforto e assistenza. Tra il pubblico di quell’appuntamento c’era un gruppo di persone non meglio identificate. Erano ex terroristi, alcuni di loro avevano partecipato all’assalto di via Fani. Chiesero di essere ricevuti da  Martini, ma senza farsi riconoscere dalla gente. Fummo presenti a quell’incontro. Ci sconvolsero le parole di uno dei brigatisti dissociatisi dalla lotta armata. Cercò di giustificare ciò che aveva fatto, probabilmente sperando nell’assoluzione del cardinale. Ma lo fece  sottovoce, quasi di nascosto, con un pudore persino imbarazzante per i fatti che andava esponendo e per il carisma e la cifra morale del suo interlocutore. Non sappiamo se Martini diede l’assoluzione a quelle persone. Ci preme però sottolineare l’accortezza che ebbero di passare inosservati. L’opposto di altri loro “colleghi” che in questi giorni pontificano dagli schermi televisivi, assolti dallo Stato che li ha addirittura premiati per la loro tardiva dissociazione. Trattati come divi dai giornalisti che li cercano e danno loro visibilità. Certo, sono i testimoni, anzi, i protagonisti di una terribile stagione della  Repubblica che in qualche modo è uno spartiacque della nostra storia recente. Ma non possiamo dimenticare che sono anche degli assassini. Oggi a piede libero, pronti a esporre ragioni e sostegni ideologici delle loro demenziali e delinquenziali azioni. La loro esposizione mediatica rischia di trasformarli in eroi. Ma non avevano nulla di epico. Non lo avevano allora, tanto meno lo hanno oggi, quattro decenni dopo, nonostante  le scuse che vanno trovando e il rispetto che sembra raccolgano in diversi settori della società. Perché abbiamo rammentato l’incontro con Carlo Maria Martini? Perché ci pare paradigmatico del fatto che ci sono persone, che pure hanno scritto brani di storia, che non hanno diritto di parola. Se non davanti ai magistrati e ai preti, a maggior ragione se prelati della sostanza spirituale di Martini. Tutto il resto equivale a chiacchiere buone per confondere le acque. E nel delitto Moro, e nel massacro dei poveri uomini della sua scorta, di acque torbide ce ne sono già a sufficienza senza che si senta il bisogno del contributo di ex brigatisti che, non solo a sensazione, difficilmente ce la contano giusta.