Maradona, genio moderno e capopopolo mai banale

 

Più di un calciatore, un genio assoluto. Ha segnato un’epoca come Mozart, Beethoven, Picasso, Leonardo, Manzoni e Leopardi. Difficile, praticamente impossibile, non restare incantati, condizionati, suggestionati dal Pibe de Oro se si è cresciuti tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Masaniello moderno per la capacità di attirare con semplicità e naturalezza la gente, facendosi portavoce di un popolo intero. Quello argentino e quello napoletano. Portabandiera di un sentimento popolare di vicinanza e di solidarietà alle cause dei più deboli. Maradona eroico e mai banale quando si scagliava senza paura contro il governo mondiale del calcio. Lui e la Fifa in aspra e violenta antitesi come il bene e il male, Batman e Joker, Montecchi e Capuleti. Due mondi diversi che non si sono mai compresi: la più grande forza della natura che il pallone abbia prodotto e la giurisdizione nella quale tale grandezza avrebbe dovuto agire. Conflitto perenne. Il magico “dieci” argentino ha fatto discutere anche fuori dal campo, spesso, per questioni che col calcio nulla avevano a che fare. La droga soprattutto. La maledetta cocaina diventata troppo presto per sé e per chi lo ha amato una nemica permanente. Una tragedia quotidiana. Gli eccessi ne hanno probabilmente frenato la grandiosa carriera, l’impeto del più grande di sempre. Senza quell’ossessione sarebbe stato ancora più enorme. Ma l’oceano Pacifico può anche bastare. Da capopopolo argentino aveva armato la lingua, i piedi e anche la “mano de Dios” contro gli odiati inglesi entrati in conflitto con l’Argentina per la questione delle Falkland-Malvines. Da capopopolo napoletano aveva invece alimentato il dualismo sociale tra nord e sud del paese, diventando per Napoli una sorta di riscatto nazionale. Con Diego, Napoli si era elevata a capitale del calcio in Italia, tanto da duellare alla pari con Milano e Torino. Prima volta vera nella storia del pallone. Emancipazione autentica grazie al più rivoluzionario dei geni moderni. Carisma e personalità da vendere. La vittoria del mondiale messicano, con il timbro del gol più bello della storia del calcio all’Inghilterra, resta icona assoluta. Come l’altro mondiale sfiorato nel ’90 in Italia. In semifinale con una squadra mediocre eliminó l’Italia padrona di casa, proprio a Napoli: i napoletani non lo tradirono e in tanti lo sostennero in quella magica e dolorosa notte. Diego amato e rispettato dagli avversari come un Buddha. Tanto umile quanto grandioso: sempre in antitesi anche nell’essenza di uomo. Fuoriclasse dentro e fuori dal campo come raccontano i cronisti dell’epoca con i quali si fermava a parlare senza darsi arie da vip. Se n’è andato in un lampo: life is life cantavano gli Opus in filodiffusione mentre lui a Stoccarda palleggiava in mezzo al campo nel riscaldamento della partita che gli avrebbe consegnato la Coppa Uefa. Un ballo ipnotico che aveva emozionato e appagato i tifosi dello Stoccarda allo stadio: chissenefrega se poi persero il trofeo. Quella danza poetica è un pezzo di storia che vale più di un manicotto di latta e loro c’erano. Diego che palleggiava con le arance davanti ai giornalisti e davanti alle curve avversarie che lo riempivano di fischi e insulti. Suoni di paura e di ammirazione per il più grande di sempre che se n’è andato con la velocità di un suo dribbling lo stesso giorno in cui scomparve anche George Best. Maradona the Best verrebbe da dire. Per il resto solo lacrime e dolore. Ciao Diego.

Diego Maradona Genio-Malpensa24