«Disagio giovanile una emergenza». Ma le istituzioni “snobbano” l’appello del prevosto

varese monsignor panighetti

VARESE – «Facendosi uomo, Gesù vuole mostrarci quale è la nostra vera identità, la nostra vocazione e il destino al quale siamo chiamati». Inizia così, monsignor Luigi Panighetti, la sua riflessione sul Natale in questo secondo anno di pandemia di coronavirus. Un giorno in cui, da sempre, la Chiesa annuncia all’umanità «la salvezza che viene dal Figlio di Dio che si incarna». Una grande festa, ammonisce il prevosto e decano di Varese «che anche oggi deve essere ricondotta alle sue radici per non rischiare di vivere un’esperienza di gioia ignorandone il motivo».

Monsignor Panighetti approfondisce il tema del Natale, ma non solo. Un mese fa, infatti, espresse alla comunità varesina l’urgenza di affrontare la questione educativa dei giovani. E di fronte a ripetuti episodi di violenza, espressione di disagio e sofferenza degli adolescenti, il prevosto ha invitato tutte le istituzioni della città «ad affrontare insieme questa sfida». Eppure «sino ad ora non mi ha chiamato nessuno. Ma la questione giovani è sempre più urgente da affrontare».

Monsignore, nelle ultime settimane, da più parti è emersa la preoccupazione di “salvare il Natale”. Come può essere interpretata questa espressione?
«Mi auguro che si volesse intendere un percorso di recupero del significato spirituale della festa preoccupandosi, inoltre, di tutelare gli interessi economici che tradizionalmente ruotano intorno al Natale. Preoccupazione legittima, quest’ultima, ma che richiede un’irrinunciabile ben chiara distinzione delle priorità».

Negli ultimi anni si è progressivamente affermato anche nel nostro Paese il fenomeno delle lucine. Il tradizionale albero di Natale, molto spesso, è sostituito con vistosissime luminarie esterne. Cosa ne pensa?
«E’ una tradizione dei paesi nordici che penso, voglia esprimere il desiderio delle persone di essere illuminate nelle grandi scelte e nella quotidianità della propria vita dall’unica vera luce; quella di Betlemme, di Gesù che viene in mezzo a noi».

Dopo quasi due anni di pandemia, il mondo attende con ansia di poter ripartire. Dopo i primi mesi di questa tragica esperienza che sta avendo conseguenze paragonabili ad una guerra mondiale, in molti hanno previsto che, fermato il Covid-19, avremo un’umanità migliore. Lei nota già i primi segnali di questo cambiamento? 
«Sinceramente no. Non possiamo non ammettere che, in molti sono protagonisti di esperienze di solidarietà e condivisione certamente da elogiare ma, purtroppo, molte sono ancora le forme di chiusura e di autodifesa che ostacolano il rinnovamento della società. La ripartenza, infine, dovrà essere caratterizzata da un’impronta spirituale. Non sarà sufficiente, infatti, preoccuparsi della ripresa economica e strutturale ma, sarà fondamentale concentrarsi sulla valorizzazione dell’umano e sul senso dell’esistenza».

Con la lettera apostolica “Antiquum ministerium”, papa Francesco, nel mese di maggio, ha istituito il ministero di catechista. Che ruolo avranno ora i catechisti all’interno della Chiesa? «Dopo la pubblicazione da parte della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti del testo del Rito dell’istituzione dei catechisti, siamo in attesa di conoscere le linee guida e le direttive della Conferenza episcopale italiana e della nostra diocesi. E’ un ministero laicale che certamente potrà avere un ruolo determinante nel futuro della Chiesa. Sino ad oggi, generalmente, questo ruolo è stato interpretato nelle varie comunità parrocchiali da persone generose di provata fede cristiana e specchiata moralità. Ora, il Papa, nel mutato contesto culturale e sociale attuale non più caratterizzato da una cristianità diffusa, chiede ai laici una partecipazione corresponsabile e stabile, in collaborazione e sotto la guida dei ministri ordinati, nell’accompagnamento dei fratelli nella crescita nella fede. Il ministero, che potrebbe prevedere ulteriori compiti oltre a quello specifico della catechesi, richiederà una seria formazione, un costante aggiornamento e verifiche periodiche».

Un’ultima domanda monsignore. Davanti agli ultimi e ripetuti episodi di violenza che hanno visto “protagonisti” i giovani in città, lei fece un appello a tutte le istituzioni. Ha ricevuto risposte o segnali al suo invito? 
«Gli episodi di violenza che si sono verificati sono espressione di disagio e sofferenza di adolescenti e giovani. Sino a ora nessuno ha risposto al mio invito. Ma la questione è urgente e va affrontata, perché questa è una sfida che si vince tutti insieme».