Dodici arresti in Lombardia per traffico di oppiacei. Nei guai medici compiacenti

MONZA Sceglievano i pazienti tra quelli terminali o disabili, in modo che non destassero troppi sospetti, intestavano loro ricette non richieste o non necessarie per degli oppiacei, che poi passavano a una banda di 11 pusher egiziani che rivendevano la droga sulle piazze Lombarde. Di questo sono accusati due medici e la segretaria di uno studio medico di Milano, all’esito di una maxi inchiesta dei carabinieri del Comando Provinciale di Monza, coordinata dalla Procura di Monza, che oggi ha portato in carcere 12 persone (anche se quattro risultano irreperibili). Tra loro anche Diego Fuccilo, medico milanese, già arrestato nel 2021 per fatti analoghi, mentre sono indagati a piede libero un altro medico e la segretaria di un terzo, sempre milanesi.

Le indagini

È stato il fermo di un cittadino egiziano bloccato in una farmacia di Monza, nel 2019, dove aveva appena acquistato un quantitativo spropositato di ossicodone, a far partire l’inchiesta del Comando Provinciale dei carabinieri di Monza, su un’organizzazione che sfruttava il Sistema Sanitario Nazionale, con la complicità di un medico, per acquisire oppiacei da rivendere nelle piazze dello spaccio. A chiamare il 112, in quell’occasione, è stato lo stesso farmacista, insospettito dalle ricette che riteneva potenzialmente rubate.

Da un controllo effettuato sul sistema ARIA di Regione Lombardia, quasi 7 mila ricette per oppiacei sono risultate emesse in favore di cittadini egiziani, e circa un migliaio per mano dello stesso medico milanese. Da qui i carabinieri, coordinati dal pm Marco Giovanni Santini, hanno arrestato uno dei componenti della rete, al quale hanno sequestrato 12 mila pastiglie di oppiacei e oltre 40 mila euro in contanti. Da lì hanno ricostruito l’intera rete, che ha portato oggi all’arresto dei responsabili (di cui quattro risultano però irreperibili), tra Corsico, Cornaredo, Pero, Rho, Milano e Trivolzio (Pavia), che avrebbe guadagnato e allo stesso tempo provocato un costo al Sistema Sanitario Nazionale di oltre 2,5 milioni di euro in quattro anni.

I professionisti italiani, è emerso, ricevevano in cambio da 200 a 600 euro a ricetta. Le accuse sono, a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga, alla prescrizione abusiva, alla truffa ai danni dello Stato, falsità ideologica, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, esercizio abusivo della professione e commercio o somministrazione di medicinali imperfetti.

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