Don Mazzi a Busto apre il convegno sul teatro in carcere: «È vita vera»

BUSTO ARSIZIO – Teatro in carcere, al convegno dell’associazione Oblò-Liberi Dentro nella sala parrocchiale di Sant’Anna, in occasione della giornata nazionale sul tema, si presenta anche don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, accompagnato dal cappellano della casa circondariale di Busto Arsizio don David Maria Riboldi: «Spesso c’è più realtà nel teatro che nella vita vera». E la vicesindaco Manuela Maffioli ricorda che «la cultura non ha confini. Non ci sono porte che non possano essere aperte e attraversate dalla cultura».

La «presenza» di don Mazzi

«La mia è una presenza, non una testimonianza» chiarisce don Mazzi, che apre i lavori dei “Dialoghi e azioni tra teatro e carcere” al teatro Sant’Anna, nell’ambito della decima giornata nazionale del teatro in carcere. Di fronte ad una platea di operatori delle associazioni che “entrano” in carcere, ma anche di ex detenuti che sono stati coinvolti nelle attività dell’area trattamentale, in cui il teatro è da anni presente insieme ai lavori (la cioccolateria in primis) e allo sport.

Le testimonianze

«Era un momento brutto, a loro devo la mia vita» la testimonianza di un ex detenuto, che racconta di essere stato “salvato” dal teatro in carcere. «Ditemi che droga mi avete dato, perché era una droga buona». E subito una delle operatrici ribatte: «Si chiamava teatro». Un altro ex detenuto arriva persino a definire «un periodo fantastico, che ha lasciato tanti ricordi» la sua esperienza nell’area trattamentale, che era pur sempre dietro le sbarre.

Attività in carcere

«Il teatro è importante come tutte le altre attività – rimarca Rita Gaeta, storica responsabile dell’area trattamentale del carcere di Busto, oggi in pensione – ciò che rovina in carcere sono i tempi morti, perché non è vita reale, non è vita libera. Se li lasciamo i detenuti in cella li lasciamo a fare i detenuti, invece devono fare la vita che si fa fuori, devono imparare ad alzarsi alle 7 per andare a scuola o per andare a lavorare, un ritmo di vita regolare che può rendere l’uomo migliore». Per questo, per Gaeta, «il carcere si deve aprire, deve essere un luogo vivo, dove la gente può cambiare».

«La cultura eleva e rieduca»

Tra gli altri interventi, quello di Elisa Carnelli, attrice, formatrice e drammaterapeuta, fondatrice e presidente dell’associazione l’Oblò Liberi Dentro, che svela la storia della compagnia teatrale del carcere di Busto, e di Giovanni Maria Lodigiani, docente di giustizia riparativa e mediazione penale, che insiste sul concetto di «responsabilità». La vicesindaco e assessore alla cultura Manuela Maffioli fa notare la concomitanza con la festa del teatro che sta coinvolgendo le otto sale teatrali cittadine: «Per noi gli spazi culturali non hanno confini insuperabili. Il carcere ad esempio è partner della biblioteca per “Reading Busto”, mentre alcuni detenuti che si avvicinavano a fine pena hanno tinteggiato le sale di palazzo Cicogna. Ora li inviteremo alle nostre mostre. Perché la cultura è strumento di elevazione e di rieducazione».

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