Dopo la tentata violenza, piazza della stazione a Gallarate reclama sicurezza

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GALLARATEIl tentativo di violenza sessuale da parte di uno straniero ai danni di una diciassettenne ripropone in tutta la sua attualità la questione della sicurezza in piazza Giovanni XXIII, dirimpetto alla stazione ferroviaria. Episodio, quello dello scorso sabato, che allarma la cittadinanza e rimette sul “chi va là” forze dell’ordine e autorità civili. Una preoccupazione collettiva più che comprensibile alla luce di quanto accaduto e che, solo per la reazione della vittima e degli amici che erano con lei, veloci nel chiamare la polizia, non è sfociato in qualcosa di peggio. Supposto che già il tentato stupro non sia da considerare “il peggio” di un contesto difficile, anzi, pericoloso, di un luogo di Gallarate ricettacolo di perdigiorno, balordi e gruppi di stranieri tra i quali si annida di tutto, anche i mancati violentatori.

La stazione ferroviaria è un posto di facile aggregazione, che richiama le persone maggiormente predisposte alla violenza per una serie di ragioni sociali, educative e culturali più o meno note, più o meno accettabili, più o meno sostenibili. Lo è soprattutto la stazione di Gallarate, snodo ferroviario tra i principali della Lombardia, luogo di passaggio che facilita gli spostamenti anche dalla vicina Milano. E lo è la sua piazza, che ospita una serie di attività commerciali dedicate agli stranieri.

L’occupazione “manu militari” di Luini

Il problema è irrisolto da decenni e, da decenni, agita i residenti, a cominciare dai negozianti autoctoni, che mai hanno fatto mancare le loro giuste proteste. All’epoca del dominio politico leghista, il sindaco Angelo Luini invitò il governo, attraverso il ministro dell’Interno, a risolvere il disagio “manu militari”. Scrisse proprio così al titolare del Viminale, Roberto Maroni: “manu militari”, cioè con l’esercito schierato a difesa della civile convivenza. Si attirò una serie di critiche, ma anche di consensi di coloro che ritenevano e ritengono tutt’ora che soltanto coi mezzi blindati si possono evitare le conseguenze dell’assedio quotidiano in piazza.

La politica faccia pressioni sul governo

L’attuale amministrazione di Palazzo Borghi intende riqualificare lo strategico luogo con alberi, panchine e una nuova pavimentazione. Insomma, vuole rendere piazza Giovanni XIII vivibile facendo leva sul bello. Un progetto commendevole, ma probabilmente insufficiente a ridare dignità alla stazione e al suo contesto. Forse serve  altro. Non i carri armati (ci mancherebbe), ma la presenza ancora più costante e incisiva delle forze dell’ordine rispetto a quanto già non facciano, un presidio lungo l’intero arco della giornata delle pattuglie. Vero, gli organici di polizia, carabinieri e polizia urbana sono ridotti all’osso. Per adeguarli alle necessità occorre un’azione decisa e concreta della politica, che faccia leva sul governo affinché predisponga l’aumento numerico di agenti e militari dell’Arma. Non certo con scontate e sporadiche prese di posizione propagandistiche, non tanto per militarizzare piazza Giovanni XXIII, ma per renderla finalmente godibile a tutti. Come merita. E come merita l’intera città.

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