E se l’Africa fosse immune?

QUANTO IL CLIMA E L'AMBIENTE POSSONO INCIDERE SULLA DIFFUSIONE DELL'INFEZIONE

I virus non conoscono i confini geografici, ma solo i confini di specie (uomo rispetto ad altre specie animali), che talvolta (per fortuna raramente) vengono superati. Dal punto di vista olistico, i virus possono essere considerati un meccanismo regolatore di madre natura, le cui leggi – per quanto crudeli e inaccettabili ai nostri occhi – rispondono al principio dura lex sed lex: impossibile (o quasi) opporsi frontalmente, bisogna invece mitigarne gli effetti, per salvaguardare la specie. Ma da che mondo è mondo, l’effetto gregge – cioè una immunità diffusa acquisita attraverso l’infezione (possibilmente controllata e ben gestita dalla sanità che deve proteggere le categorie a rischio) – è pressoché inevitabile. E riguarda tutti i virus e tutti gli esseri viventi. Uomo incluso. Ed è la conclusione a cui sono giunti studi pubblicati sulle più autorevoli riviste scientifiche, fra cui “Science”. Le misure di contenimento hanno quindi lo scopo di abbassare il picco e consentire alle strutture sanitarie di curare come si deve i casi più gravi. Per farlo – ormai lo sappiamo – è indispensabile il contributo di tutti.

la mappa della Johns Hopkins

Un lettore della Costa d’Avorio residente nella nostra provincia ci ha segnato che in Africa i casi sono pochi. Se osserviamo la mappa della Johns Hopkins (clicca per aprire), quella mappa con i cerchi rossi sul planisfero che si allargano di giorno in giorno e con essi l’ansia dei popoli, vediamo effettivamente che l’Africa ha giusto qualche pallido pallino qua e là. Ma questo non significa che sia immune. Significa – come la storia delle epidemie ci ha insegnato – che finora ha risentito meno rispetto all’Occidente degli effetti della globalizzazione (non dimentichiamo la globalizzazione è una linfa per le pandemie), inoltre – dato che nella maggior parte di casi l’infezione è asintomatica o manifesta sintomi lievi – in molti Paesi africani semplicemente non viene diagnosticata. Del resto in Africa hanno problemi più gravi: ogni anno muoiono 400 mila persone per la malaria, per non parlare della mortalità infantile: nel 2017 sono morti circa 6,3 milioni di bambini sotto i 15 anni, un bimbo ogni 5 secondi. Il covid-19 non è in cima alla lista dei loro problemi. Il nostro lettore ivoriano chiede inoltre se ci può essere un benefico effetto-clima sullo sviluppo dell’epidemia. Gli esperti stanno ancora studiando la questione. L’Africa non è immune da gravi epidemie, si pensi solo a quelle di ebola che uccidono ben oltre il coronavirus. Il “nostro” coronavirus infatti risulta letale per il 3% di coloro a cui viene riscontrata l’infezione: impossibile stabilire la percentuale reale rispetto alla popolazione perché non sapremo mai quanti si sono infettati e guariti senza nemmeno manifestare sintomi, e se è vero che gli asintomatici sarebbero l’80% della popolazione complessiva, allora il tasso di mortalità è il 3% del 20% della popolazione cioè il 3% di quella parte di popolazione che manifesta appunto i sintomi, quindi un tasso molto basso rispetto alla popolazione totale. Ebola è tutt’altra cosa: uccide il 90% degli infettati e ha un’altissima virulenza. Per capire il comportamento del coronavirus covid-19 bisognerà quindi aspettare l’estate e le calde temperature, ma anche osservare l’evoluzione nel continente africano, che potrebbe riservarci delle sorprese.

Che le epidemie influenzali siano tipicamente stagionali (periodo invernale) è un dato evidente a tutti, ma questo anche perché in estate si vive di più all’aperto (meno vie di contagio) e le vie respiratorie sono meno stressate dalle condizioni ambientali e climatiche (riscaldamento degli ambienti e temperature esterne). Ma i Center for Disease Control and Prevention (Cdc) americani, la maggiore autorità mondiale per le malattie infettive, avverte: “Questo non significa che sia impossibile ammalarsi durante l’estate. Al momento non si sa se la diffusione dell’infezione Covid-19 diminuirà con l’arrivo del caldo”.

Questa rubrica è dedicata ai nostri lettori: raccontateci la vita ai tempi del coronavirus. La vostra vita. Mandateci via mail (coronavirus@malpensa24.it) foto e commenti di situazioni domestiche, di ciò che fate, di ciò che accade e di come state vivendo questi giorni difficili, le vostre riflessioni, i vostri quesiti. E noi pubblicheremo.

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In bici da corsa sul terrazzo

La necessità aguzza l’ingegno. Mauro61 ha trasformato la sua bici da corsa in una cyclette e ogni giorno macina chilometri… sul terrazzo di casa. Un ottimo suggerimento per tutti gli appassionati delle 2 ruote: non lasciate le bici appese al chiodo, è primavera ed è tempo di lunghe pedalate (sul terrazzo di casa ovviamente). E poi la splendida la torta “io resto a casa” di Giada Bellotti, mamma e papà, che ci scrivono: “Nella speranza che tutti capiscano l’importanza di restare a casa… Questa è la nostra torta alle noci, fatta in casa da noi ieri pomeriggio, per passare il tempo insieme e fare arrivare a chiunque la veda un messaggio importante: restiamo a casa oggi e usciremo prima domani! @jadyummy, @maubel68”.

mauro61 e le sue lunghe pedalate sul terrazzo di casa. “Mai mollare – ci esorta – ce la faremo”
La torta di Giada Bellotti e famiglia: “io resto a casa”