Elezioni: chi ha vinto, chi ha perso, chi ha pareggiato

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di Gian Franco Bottini

Le elezioni si sono concluse, anche se purtroppo con una crescente disaffezione della gente ed ora l’attenzione è sul giorno che verrà. Al di là di qualsiasi valutazione personale bisogna comunque rilevare che il nuovo governo potrà avere una caratteristica che da lungo tempo non conoscevamo: una maggioranza ampia e solida che, almeno sulla carta, gli consentirà di operare con sicurezza, autonomia e totale responsabilità. Cosa molto buona, per alcuni; fonte di preoccupazione, per altri. Ma questo è un argomento che per il momento vorremmo tralasciare in attesa delle prime mosse e delle inevitabili discussioni che fortunatamente la democrazia ci consentirà.

Il risultato era pressochè scontato e i sondaggi questa volta hanno avuto ragione, anche se ad un certo punto avevano creato qualche perplessità, nel giorno in cui indicavano Draghi come personaggio di più larga preferenza della gente, sulla pagina accanto segnalavano come probabili vincenti proprio coloro che l’avevano mandato a casa. Ma Draghi alla corsa non partecipava e la perplessità è destinata a rimaner tale, fors’anche nella testa di chi ha vinto. 

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Gian Franco Bottini

Purtroppo, da Berlusconi in poi, in Italia il voto politico è sempre più orientato sulla persona più che sul partito, alla sua storia e ai suoi programmi. Si vota la Meloni, il Berlusconi, il Salvini, il Calenda, il Letta, il Renzi e via dicendo, il che segnala una diffusa disattenzione al succo della  politica e un rifugio nella “chimica” dell’emotività, magari dell’ ultimo momento. Questo non certo per inficiare la valenza dei risultati odierni, ma unicamente  per sottolineare un aspetto negativo, se il sostanzioso incremento dell’astensionismo non l’avesse già fatto,

Si ironizza spesso che “alle elezioni vincono sempre tutti” ma questa volta lo scenario è più chiaro e molte mistificazioni non sono possibili, se non cadendo nel ridicolo. Occorre però ricordare che in politica non “vince” solo chi ha più voti, ma, come nel calcio, anche chi ottiene il risultato che, date le sue potenzialità, si proponeva di  raggiungere. Chi gioca per lo scudetto, chi per non retrocedere, chi per avere un posto in Champions League  e chi per la parte a sinistra della  classifica.

Ha vinto la Meloni, ancor più che il suo partito;  voleva vincere e ha vinto meritatamente, non foss’altro per aver impostato la sua campagna con largo anticipo, interpretando il ruolo di “opposizione propositiva”, ostentando una moderazione che non sempre le è riuscita ma che nel tempo ha lasciato le sue tracce. Al tempo il riscontro nei fatti.

Ha vinto Conte, che aveva come obbiettivo quello di “salvare la ghirba” e di capire se i 5 Stelle potevano esistere ancora e ha ottenuto invece un risultato che lo fa il terzo partito del paniere. Certo qualcuno parla di un risultato “sporco” perché basato tutto e solo sulla difesa del Reddito di cittadinanza nella sua più ampia estensione;  una promessa difficile da mantenere, date le diffuse contrarietà. Per intanto bisogna ammettere che da quel mucchio di ceneri del dopo-Di Maio (pace all’anima sua!) oggi, dopo il risultato ottenuto, un simulacro di partito Conte l’ha creato.

Ha pareggiato Berlusconi che avendo come obbiettivo quello di non recitare il de profundis di Forza Italia, ha avuto un risultato non certo all’altezza dei fasti del passato ma tale da assicurargli un ruolo. Con le sue apparizioni “imbellettate”, le sue promesse di dentiere, milioni di piante, ponti sullo stretto, abbattimento delle tasse e tutto quanto è il suo repertorio trentennale è stato probabilmente considerato un approdo “senza danni” da una fascia di elettori altrimenti tentati dall’astensionismo.

Ha pareggiato anche Calenda, che mirava al 10% ma lo ha solo avvicinato. Il poco tempo a disposizione, la rilevante adesione dei giovani, gli importanti risultati nelle grandi città e nelle zone economicamente rilevanti, sono validi motivi per affermare che il progetto centrista è valido ma attende di essere sviluppato e concretizzato.

Ha perso, anzi straperso, Salvini, che, partito con grandi pretese anche personali, ha subito un tonfo verticale che per una persona normale sarebbe letale (politicamente si intende); ma Salvini “normale” (sempre politicamente) non è e la questione per la Lega è assai “spessa”, pensando soprattutto ai suoi validi Presidenti di regione che si ritrovano con un partito azzoppato alle spalle.

Ha perso Letta che da persona perbene si è subito assunto le responsabilità. Ma in politica essere perbene non basta e il PD, dopo una insipida campagna, deve ritrovare un’anima e degli obbiettivi che non siano solo quelli legati alla pura gestione del potere. Qualcuno l’ha soprannominato “opossum”, quell’animale che di fronte alle difficoltà cade in catalessi.

Sono retrocesse (forse sparite) quelle compagini dedicate al no-tutto e antisistema per principio; la gente si è disinteressata a loro e parimenti dovrebbero comportarsi i media, nel futuro.

Il quadro è chiaro e sarà ora importante valutare i primi passi dei vincitori. La richiesta di collaborazione all’attuale governo, per un  passaggio di consegne, è un incoraggiante, e non certo usuale, segnale di “responsabilità”, al quale riteniamo che  Draghi non sarà insensibile. Sperando che il buon giorno si veda dal mattino. 

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