Tutti in ferie. In ferie da cosa?

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Nel Bel paese le ferie sono inalienabili, anzi, sono sacre. Un’ovvietà, non c’è dubbio. Ma anche una situazione che conferma come abitudini consolidate, benché non strettamente necessarie, cancellino anche le emergenze. E se non le cancellano, le spingono sullo sfondo. Pleonastico rammentare quale sia l’emergenza che ci riguarda e ci insegue oramai da parecchi mesi, per la quale la parola fine non si può ancora scrivere, né possiamo ipotizzare quando sarà possibile scriverla. Lo scenario consiglierebbe prudenza a ogni livello e sobrietà. Oltre al contesto sanitario, che torna a preoccupare, bisognerebbe, anzi, bisogna fare i conti con il sistema economico, destinato, secondo gli esperti della materia, a peggiorare col passere delle settimane.

Tutti intravedono in settembre il mese del tracollo. Previsione esagerata? L’impressione è che gli italiani non ci stiano facendo caso. Il periodo ferragostano induce alla spensieratezza, com’è sempre capitato negli ultimi decenni. Ma l’estate del 2020 non è uguale alle altre. C’è il virus che mette in pericolo la salute collettiva e svuota le tasche di molti, prefigurando l’aggravarsi di una crisi alla quale si è cercato e si cerca di fare fronte a fatica. Perlomeno a parole. Perché, se è vero che non tutti sono nelle condizioni finanziarie di concedersi una vacanza anche di pochi giorni, le saracinesche di molti negozi si sono abbassate all’inizio del mese per rialzarsi soltanto a fine agosto. Negozi ma anche ristoranti, laboratori e studi professionali, beneficiari dei famosi 600 euro destinati alle partite Iva. Si tratta della “mancia” richiesta in massa e profusa senza l’attenzione necessaria da parte degli enti erogatori nei momenti più bui dell’epidemia.

Soldi a tutti, indiscriminatamente. Tutti ne avevano diritto, quanti ne avevano davvero bisogno? Se dopo due mesi di lockdown, causa di innegabili perdite economiche e, per alcuni, di pesantissimi effetti collaterali, si decide di chiudere per un altro mese, c’è da ritenere che qualcosa non funziona come si va narrando. Che, tutto sommato e senza generalizzare, ci sono componenti di categorie economiche e produttive capaci di sostenersi anche dopo lunghi periodi di inattività. Buon per loro, bene per quella parte del tessuto sociale attrezzata per affrontare i rovesci più cruenti. Insomma, tutti al mare in barba al Covid. Salvo tornare a piagnucolare, protestare e pretendere provvidenze, sussidi e aiuti pubblici appena finisce la festa d’agosto.

La cartolina delle nostre città in questo momento richiama il tradizionale deserto di mezza estate.Varese, Gallarate, Busto Arsizio, Saronno e via elencando si sono adeguate al rito delle vacanze. Nonostante tutto. Giusto? Sbagliato? Qualche anno fa, Sergio Marchionne, il manager a capo della Fiat, intervenne a un’assemblea ricordando che al suo arrivo l’azienda torinese perdeva cinque milioni di euro al giorno. “Era agosto, andai in ufficio e non c’era nessuno. Chiesi a chi era con me: la gente dov’è? In ferie, fu la risposta. E io: in ferie da cosa?”
Ecco, appunto: l’Italia è in vacanza. In vacanza da cosa?

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