Il Celeste, don Giussani, i giudici e chi prega

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I suoi amici, perché di amici gliene sono rimasti ancora, si sono riuniti in comitato. Per pagargli la parcella degli avvocati, come riportano alcune fonti, e per pregare per lui, Roberto Formigoni. Preghiere che sabato scorso, 16 febbraio, si sono concretizzate in una sorta di raduno al Santuario di Caravaggio con lo scopo di invocare la Madonna affinché intercedesse per mitigargli la pena. In effetti, la Cassazione, probabilmente di sua sponte e senza “suggerimenti” Superiori, ha concesso uno sconto sui sette anni e mezzo della condanna in secondo grado, il massimo della pena per il reato di corruzione di cui doveva rispondere Formigoni.

Uno sconticino che non gli servirà a molto. Soprattutto che non cancella la macchia di aver gestito a favore dei suoi amici ( altri rispetto a coloro i quali si sono ritrovati sabato per recitare il rosario) certe faccende relative a ospedali e sanità.  Vero? Falso? La verità processuale non ammette fraintendimenti. Chi è convinto dell’innocenza dell’ex governatore lombardo azzarda addirittura l’ipotesi di un complotto. Si fa forte del fatto che non sarebbero intercorsi scambi di denaro, dazioni, come vengono definiti con linguaggio tecnico, ma soltanto “benefici di utilità per viaggi, ristoranti, vacanze, ospitalità su yacht, ville”. Insomma, regalie. Ma per un valore stimato attorno ai sei milioni di euro. Fischia

Il punto è oggi un altro: Formigoni non è più Formigoni, ma, per la legge, è un pregiudicato. Da non credere per uno che ha governato la Lombardia per quasi quattro lustri, che l’ha fatta crescere, non ci sono dubbi. Tant’è vero che il modello lombardo è stato copiato anche all’estero. Il modello, non il cosiddetto “sistema  Formigoni” di cui parlano i dispositivi delle sentenze, tutt’altra cosa rispetto alla funzionalità e all’efficienza impostate negli anni. Non facciamo gli ipocriti o, peggio, i vili: con lui sono migliorati molti servizi per la collettività.

Ha sbagliato o, per dirla con  il suo “gruppo di preghiera”, ha peccato? I giudici dicono di sì. E adesso pagherà il conto. Roberto Formigoni, chiamato non a caso Il Celeste, per la sua prossimità al cielo e, chissà, nell’immaginario di alcuni della sua corte, con qualcosa oltre il cielo. Lui che arrivava a palazzo in elicottero, indossava giacche arancione e  incuteva timore ai tanti che gli giravano attorno. Questi sì per avere benefici. Traduzione: era colui che poteva salvare loro le chiappe. E farle ingrassare.

E ora eccolo lì il Celeste, a cui sono stati sequestrati tutti i beni, comprese pensione e vitalizi. Eccolo lì venuto giù dal suo ufficio al 35° piano del grattacielo che aveva fatto costruire per magnificare, tra l’altro, la grandezza della Lombardia e la sua. I tifosi dei patiboli esulteranno. Altri lo guarderanno sorridendo di sotto i baffi. Altri ancora, i suoi sodali di Cl, continueranno a pregare nonostante la stizzita reazione del prorettore del Santuario della Bergamasca che non ha gradito la loro presenza alla messa del sabato. Forse qualcuno gli ricorderà che proprio oggi, 22 febbraio, ricorre l’anniversario della scomparsa di don Luigi Giussani, che per la compagine formigoniana è il referente primo di ogni azione. Una  coincidenza, certo. Chissà che cosa commenterebbe il Gius davanti all’immagine del Celeste che entra in carcere. Noi lo supponiamo, ma non importa.

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