Gallarate piange Carlo Bellora. L’addio sulle note di una cornamusa

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GALLARATE – «La tua arte era il tuo modo di comunicare e di parlare al mondo». Una basilica di Santa Maria gremita ha accolto il feretro di Carlo Bellora alle 15.15 di oggi, venerdì 22 novembre. Gremita a tal punto che, già prima dell’inizio delle esequie del violista 56enne, insegnante all’Istituto Puccini di Gallarate, scomparso lo scorso 20 novembre, era praticamente impossibile accedere all’ edificio sacro.

Un grande maestro che ha lasciato il segno

La testimonianza di quanto Gallarate abbia amato Bellora e di quanto lui abbia amato questa città. Tra i banchi tantissimi volti giovani, i volti, segnati, degli studenti di «Carletto», come affettuosamente veniva chiamato il musicista. Molti avevano sulle spalle la custodia di uno strumento musicale perché la musica è stata il modo di comunicare, di amare, di lasciare un segno per Bellora. «Hai ricevuto tanto da questa città – ha detto don Stefano Venturini, che ha officiato la cerimonia – E tanto hai donato. Oggi siamo tutti stretti qui intorno a te per tributarti ciò che meriti. Il tuo ricordo sia scolpito nel marmo. E nei ricordi di tutti i grandi gallaratesi. Ogni volta che si pronuncerà il nome del professor Bellora, un sussulto di orgoglio vi percorra sempre perché egli è stato un grande uomo».

Omaggio con la cornamusa

Dopo la comunione è stata la famiglia a ricordarlo: «Socievole, brillante, creativo, gentile. Eri tutte queste cose. Per sempre sarai nei nostri ricordi. Oggi noi speriamo soltanto che tu abbia trovato la serenità che hai sempre cercato». Dario Cecchin, dei Polverfolk, ensemble dove Bellora suonava lo ha ricordato per la «Personale sobrietà che ti ha sempre contraddistinto all’interno di un gruppo di persone che hanno scelto la musica come forma di amicizia». Infine gli studenti del Puccini che hanno parlato al loro professore: «Disponibile e sempre pronto a mettersi in gioco. Un grande maestro che in noi ha lasciato il segno». Le note di Amazing Grace hanno accompagnato il feretro lungo la navata e il suono di una cornamusa l’ha accolto sul sagrato.

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