Gallarate, Paggiaro e Caianiello: dopo l’ex Maino nuove accuse per tangenti

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GALLARATE – «Se non paghi non ti posso far avere questa concessione. O paghi o qui non costruisci. I soldi richiesti a me erano per la politica, mi fu detto». Era il 28 aprile 2010 quando, Leonida Paggiaro, imprenditore gallaratese, riferiva in aula davanti alla corte del tribunale di Busto Arsizio presieduta da Adet Toni Novik, riferiva della concussione subita da Piermichele Miano e Nino Caianiello per poter realizzare attraverso una delle sue imprese immobiliari un supermercato sull’area gallaratese dell’ex Maino. Paggiaro parlò per 5 ore filate in aula dando i particolari: «Mi furono chiesti 250mila euro per poter realizzare l’affare – aveva spiegato l’imprenditore – Somma che io pagai in due tranches».

I fatti contestati all’epoca risalivano al periodo compreso tra il 2002 e il 2004:  «Non si muoveva foglia che non volesse, nel sud della provincia», aveva detto Paggiaro riferendosi a Nino Caianiello e il suo «Sistema di potere», così come la procura di Busto Arsizio, l’indagine era coordinata dal sostituto procuratore di Busto Giovanni Polizzi (oggi a Milano). Le accuse trovarono conferma sino al massimo grado di giudizio: tanto che Caianiello fu condannato nel 2017 in via definitiva a tre anni di pena e a un risarcimento fissato in 125mila euro da versare a Paggiaro. Due anni fa Caianiello, che ha sempre negato le accuse, commentò la conferma della condanna dichiarando di essere «Sotto un treno».  Il nome di Paggiaro, però, emerge anche dall’indagine attuale che a distanza di quasi 20 anni dai fatti dell’ex Maino, continua, tra luci e ombre, ad essere tra i grandi accusatori del ràs di Forza Italia. Stando agli inquirenti della Dda di Milano, che hanno chiesto e ottenuto l’arresto di Caianiello, Paggiaro avrebbe avuto necessità di una nuova variante urbanistica per i propri affari barattandola con i 125mila euro di risarcimento dovuti di Caianiello. Paggiaro, in cambio della promessa della variante, avrebbe finto di aver ricevuto il risarcimento a cui aveva diritto (mai però versato da Caianiello) rimborsando a Nino anche le spese processuali.

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