Il garante dei detenuti di Busto: “Lasciato solo dalla politica tra mille problemi”

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BUSTO ARSIZIO – Convoca la stampa il garante dei detenuti del carcere di Busto Matteo Tosi per dire che: «Sono tornato a fare i colloqui, anche se così servono a poco»; che è fondamentale «ricostituire un’area trattamentale, che a oggi di fatto non esiste» e per denunciare che, da quando gli è stato affidato questo ruolo, «le istituzioni del carcere e quelle della politica cittadina mi hanno lasciato solo».

Ma anche per mettere sul tavolo tutto ciò che non funziona oltre il cancello di via per Cassano: dalla mancanza di educatori, al fatto che non c’è un mediatore culturale di lingua araba, fino al cibo servito ai detenuti e che lo stesso Tosi dice: «Si fa fatica a mangiare».

Cambio di strategia, ma non di idee

Matteo Tosi non ha mai nascosto il suo pensiero riguardo ai colloqui con i detenuti: «Così non servono, o meglio non risolvono i problemi dei detenuti». E lo pensa ancora. Anche ora che ha fatto un passo indietro ed è tornato, dopo la sommossa di fine settembre, a farli.

Tosi spiega il motivo per cui ha deciso di cambiare strategia, ma non gli obiettivi: «La situazione interna è davvero al limite per tantissimi motivi. Ho tentato di percorrere una strada, ma ho sempre trovato muri. Ora faccio un passo indietro, ma chiedo con maggior forza che venga “ricostituita” al più presto l’area trattamentale. Senza educatori di riferimento stabili, che non ci sono più da quando le due operatrici in servizio sono venute a mancare una per pensionamento e l’altra per maternità, tutto ha davvero poco senso. Io posso anche parlare con tutti i detenuti, ma se non ho un punto di riferimento a cui portare le istanze, queste rimangano senza risposte. E siamo quindi punto e a capo».

Mi hanno lasciato solo

Tosi, nello snocciolare la questione, premette che tutto questo lo fa non per difendere se stesso, «mi importa poco, sinceramente», e nemmeno in polemica con i vertici del carcere: «Il direttore ha coraggio a gestire tutta questa situazione». Bensì per cercare di smuovere le acque in una situazione davvero difficile.

E parte da chi per primo l’ha lasciato solo: le istituzioni politiche cittadine. «Sia la maggioranza, sia la minoranza, nonostante le promesse fatte, mi hanno lasciato solo. Da garante non ho fatto altro che mettere sul tavolo le richieste del mio predecessore Luca Cirigliano. Ovvero quello di avere i miei recapiti sul sito internet del Comune, così da essere facilmente rintracciabile anche dai parenti dei detenuti, di poter usufruire di un ufficio a Palazzo Gilardoni o in assessorato per ricevere le persone e di prevedere non un emolumento, ma un rimborso spese  nel momento in cui l’attività di garante mi avesse portato fuori Busto. Insomma non richieste fuori dal mondo».

Tosi dice che nessuna di queste richieste è stata esaudita. «Gli unici che hanno fatto qualcosa sono il consigliere Paolo Efrem che ha sottolineato la mancanza di risposte e il presidente del consiglio Valerio Mariano che ha dato disponibilità a utilizzare il suo ufficio. Cosa che non ho mai fatto poiché dall’amministrazione di ufficiale non è arrivato nessun ok».

Nemmeno in carcere però Tosi ha trovato risposte. «Credo che l’unica risorsa positiva in questo momento sia la polizia penitenziaria. Gli agenti fanno anche di più di quello che dovrebbero. Per il resto, alle mie tante richieste e proposte di attività, non ho mai ricevuto una risposta. Non una mail, non un invito al confronto su quanto ho proposto. Niente».

Tosi, per scelta, ha deciso di non seguire il consiglio di Luca Cirigliano (anch’egli presente in conferenza stampa), il quale più volte gli ha suggerito che l’unico modo per avere risposte sarebbe stato quello di protocollare le richieste. «Non l’ho fatto per una precisa ragione: io non devo costringere nessuno. Se si vogliono fare le cose bisogna dimostrare anche la volontà».

Tutto quello che non funziona

Si parte dai numeri. La capienza del carcere di Busto è di 280 detenuti, con una tolleranza che può arrivare a 330. Soglia superata poiché attualmente i detenuti sono 433 (il 75% stranieri), di cui 320 definitivi. «Bastano questi pochi numeri per far capire che quella di Busto non è più una casa circondariale – spiega Tosi – E che la situazione è davvero pesante. I problemi tantissimi: dalle sintesi che non vengono chiuse nei tempi previsti, alla mancanza di educatori nell’area trattamentale, all’assenza di un mediatore cultura per chi parla arabo, alla qualità del cibo».

 

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