Ginetto e l’identità bustocca

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Ci sono città che, più di altre, salvaguardano e proteggono le loro identità. Tra queste, a noi più vicina, c’è Busto Arsizio. Questa sera, lunedì 24 giugno, festa dal patrono San Giovanni, l’amministrazione bustocca premia con la benemerenza civica una persona che ha fatto della promozione dell’identià locale lo scopo della sua lunga e proficua vita. E’ Ginetto Grilli, 93enne che in un’intervista sottolinea come il buon Dio gli abbia concesso una sola stagione: la primavera.

Grilli è tra coloro che non hanno mai abbandonato, tra le cifre identitarie, il dialetto. Che non è proprio un dialetto lombardo per eccellenza, comunemente associato al milanese. Ma è qualcosa di diverso, di connaturato con l’animo bustocco, non sempre disposto alla morbidezza, ma non per questo intollerante o indisponente. Tant’è vero che proprio da Grilli parte l’idea di un coro multietnico di ragazzini che, appunto, cantano nella “lingua” in uso a Busto Arsizio. Esempio concreto di inclusione, a dispetto del tanto chiacchierare che si fa attorno ai temi dell’integrazione, della reciprocità, dell’accoglienza. La musica che unisce. E include. Il risultato, col contributo del maestro Fabio Gallazzi e del medico/musicista Umberto Rosanna, è, fra gli altri, un inno alla bustocchità: A ta l’ho dì. Ta l’ho. Da ascoltare e da ammirare rispetto alle provenienze dei giovani coristi, non esattamente tutti nati a Sacconago o a Beata Giuliana.

ginetto identità busto benemerenzaGrilli merita, eccome, la benemerenza. Campione di intelligenza e ironia, il suo impegno si inserisce nel panorama dei poeti e dei cultori del dialetto, nutrita pattuglia che ha lasciato e lascerà in eredità un importante patrimonio culturale e di costume. Una ricchezza lessicale e grammaticale che altrimenti rischierebbe di perdersi sotto i colpi della globalizzazione e della modernità. D’accordo, è oggi difficile sentire un dialogo in bustocco stretto, con gli accenti e le desinenze che caratterizzano la parlata, la qualificano, la distinguono da tutte le altre. Busto, dicono gli esperti, è una isoglossa di origine ligure nel contesto dei dialetti lombardi. E Ginetto Grilli è il suo più importante testimonial e tutore. Accanto a lui si muovono alcune associazioni altrettanto benemerite e un assessore, Manuela Maffioli, che ha voluto tra le sue deleghe proprio quella alle identità. Non a caso, evidentemente. Non a caso perché la salvaguardia e la promozione delle nostre radici rimangono decisivi punti di partenza per il futuro. Non possiamo dimenticare il nostro passato. Sarà banale, ma forse mai ripetuto abbastanza anche a fronte di migrazioni che non dobbiamo di sicuro subire.

Sono le persone come Grilli che danno sostanza alle appartenenze, di più ne diffondono lo spirito fino a inglobare chi arriva da fuori. Senza distinzione, senza falsi temi sociali, senza paure, senza pregiudizi. E’ anche così, insegnando a parlare come parlavano i nostri nonni, che si tutela e a un tempo si costruisce una comunità. Bravo Ginetto. E brava l’amministrazione civica che ha inteso sottolinearne l’impegno sui diversi versanti della cultura, del sociale, dell’espressione linguistica. Argomenti che a qualcuno sembreranno superati, finanche retorici e invece segnano una stagione nuova anche per Busto Arsizio. Come ci suggerisce Ginetto Grilli, che dall’alto della sua veneranda età fa impallidire i giovani più vecchi di lui nell’animo e non solo.

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