Gli eroi delle vite normali

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Le onorificenze al merito della Repubblica conferite venerdì 20 dicembre dal presidente Sergio Mattarella a 32 persone che si sono distinte nella solidarietà, nella cooperazione, nella salvaguardia del patrimonio culturale e della legalità, ma anche in tanti casi di coraggio quotidiano e generosità, ci offrono l’occasione per parlare del Paese più vero, del quale purtroppo non si parla mai a beneficio di questioni, per così dire, di acclarata miseria umana.

E’ sufficiente inoltrarsi nelle vicende della politica, quella nazionale e quella locale, per imbattersi in personaggi abili soprattutto nell’autopromuoversi e nel gestire le rendite di posizione. Cioè, il potere. Luoghi dove l’arroganza vige sovrana e, addirittura, viaggia veloce la presunzione. Gli esempi sono infiniti e, per questo, sotto Natale, è giusto che sia l’altra faccia della medaglia a prevalere. Un versante ricco di spunti commendevoli quanto sconosciuti. Un esercito di piccoli o grandi eroi, che agiscono in silenzio, senza clamore, senza che né giornali né tv si accorgano di loro e dei loro esempi. Come il pensionato 82enne che accompagna a scuola il bimbo non vedente e lo va a riprendere, come la biologa che sostiene i giovani ricercatori, come la signora che fa lezione ai ragazzini delle tribù amazzoniche, come l’allenatore che dice no ai genitori ultrà; e, ancora, come il ferroviere che gestisce l’emporio solidale, o il parroco degli ultimi nel centro di Roma, o la preside di Scampia che aiuta i rom; e avanti con chi ha fatto scudo col proprio corpo a una bimba, con l’imprenditore che ha assunto una donna incinta, con chi ha difeso il militare aggredito a Milano.

Insomma, un elenco di gesti che contraddicono l’immagine della società senza cuore, cinica e indifferente a tutto e a tutti. Il capo dello Stato ha deciso di premiare questa Italia. Distribuendo 32 onorificenze ha simbolicamente reso omaggio anche a coloro i quali, pur meritevoli, non sono stati gratificati venerdì al Quirinale. Ci vengono alla mente lo sconosciuto che nel Padovano ha pagato le bollette di luce e gas a un disperato padre di quattro figli, peraltro raccogliendo addirittura insulti sui social; pensiamo ai medici anche del Varesotto che trascorrono le loro ferie ad operare bimbi africani malformati e alla psicoterapeuta che fa la spola col Madagascar per occuparsi di minorenni in difficoltà e alle decine e decine di volontari che prestano assistenza ad ammalati, anziani e alla vasta platea di chi ha bisogno: altri esempi di “vite normali” che probabilmente non otterranno particolari riconoscimenti. Tutto sommato, i protagonisti di queste “vite” non intendono affatto che sia reso loro pubblico consenso. Né lo cercano in palese contraddizione con la spasmodica necessità di apparire che spesso sconvolge il contesto sociale. Sono persone che danno un senso alla loro esistenza, la arricchiscono offrendo significato alle vite degli altri.

Non ci chiamiamo fuori. Sappiamo già che verremo tacciati di buonismo, possibilmente “falso”, intendendo con quest’aggettivo il peggio della considerazione di cui gode la classe degli scriba, per colpe soltanto sue. Ma non è questo il punto: anche noi, a volte, ci stanchiamo di mettere sotto i riflettori i tanti che, credendo di essere gli unici depositari dello sviluppo sociale a ogni livello, quindi, della verità, finiscono per esporsi al ridicolo rispetto agli eroi delle vite normali, che non cercano il successo ma, caso mai, provano a dare un significato vero alle loro scelte. Regalandoci qualcosa più di un briciolo di speranza.

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