I numeri di Ats Insubria “fotografano” lo tsunami coronavirus in provincia

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VARESE – Ora ci sono i numeri. Tutti i numeri. Che rendono la fotografia di come il sistema Ats Insubria si è mosso nelle settimane di emergenza sanitaria Covid. A delineare dati e lavoro svolto sono i direttori dei dipartimenti coinvolti dell’azienda territoriale che ha competenza per le province di Varese e Como. I quali, nell’illustrare i dati e fornire spiegazioni, senza alcun tono critico, escono però dall’angolo delle polemiche, nel quale da settimane l’Ats è stata costretta. E anche quella che, secondo quanto si è visto, è apparsa come inerzia, in realtà ha trovato spiegazioni razionali.

Come ad esempio la comunicazione dei dati e la mancanza di spiegazioni ufficiali su come si stava evolvendo la situazione sul territorio, letta come mancanza di trasparenza: «Noi – spiegano i direttori – comunicavamo le informazioni che arrivavano da Regione Lombardia, perché quelle erano le direttive». O la mancata distribuzione di dpi che si è registrata all’inizio, soprattutto ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta: «Non ne avevamo – continuano – perché Regione non li consegnava, in quanto anch’essa sprovvista. Nelle prime settimane della crisi ogni dispositivo protettivo era merce rarissima. Ma appena la catena degli ordini e delle consegne si è sbloccata abbiamo distribuito milioni di dispositivi di protezione individuale. Anche alle rsa, che in quanto realtà private avrebbero dovuto provvedere da sé. Ma siccome in difficoltà e non avendo problemi di scorte, le abbiamo supportate».

E ancora: «L’emergenza sanitaria è stata dichiarata a fine gennaio – precisano tornando alla genesi dell’epidemia – ma nessun’altra indicazione è stata fornita dal governo. Noi abbiamo istituito subito l’unità di crisi, abbiamo fatto riunioni, ma senza sapere nulla e guardando a quanto stava accadendo in Cina. Insomma abbiamo intuito che le dimensioni del contagio sarebbero diventate importanti e sperato che ci stessimo sbagliando. Ma la realtà dei fatti è che in quelle settimane abbiamo lavorato “al buio”».

Insomma, nessuno degli intervenuti alla conferenza stampa convocata nella sede di via Ottorino Rossi, nella quale non era presente il direttore generale Lucas Maria Gutierrez, ha usato toni polemici. La sostanza che emerge però è che Ats in molti casi ha preso “schiaffi”, anche per cause non imputabili direttamente all’azienda e solo in quanto rappresenta il livello sanitario più vicino e a stretto contatto con territorio e cittadini.

Le dimensioni della pandemia a Varese

Ci sono numeri, tra i tanti illustrati nel dettaglio, che danno la percezione delle dimensioni del contagio. Pur essendo stata la provincia di Varese tra quelle meno falcidiate dal coronavirus.

Uno su tutti: «Da 5 mila casi di malattie infettive in un anno si è passati a 4 mila casi in tre mesi», ha detto Annalisa Donadini, responsabile dell’Unità operativa di Medicina Preventiva e delle Comunità. E i casi Covid diagnosticati dall’inizio dell’epidemia a oggi sono stati complessivamente 7.784, di cui 3.862 casi a Como e 3.922 a Varese. In totale, considerando anche i casi e i contatti ormai chiusi, sono stati presi in carico da Ats 11.880 soggetti. Sono stati 1.173 i deceduti di cui 557 in provincia di Varese.

Altri numeri che hanno lasciato il segno sono quelli relativi alle rsa, dove i decessi accertati Covid in provincia di Varese sono stati 206. Bisogna poi considerare i 637 “dubbi”, nel senso che non sono accertati Covid, poiché avvenuti nelle settimane in cui non si facevano i tamponi.

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O i dati, altra fonte di infinite polemiche, sui tamponi e i test sierologici eseguiti nei punti “drive in” organizzati da Ats in tre punti della provincia di Varese e altrettanti in quella di Como. Anche grazie al supporto fondamentale di Croce rossa e delle associazioni di volontari.

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Il messaggio: il Covid non è ancora sconfitto

Insomma l’emergenza Covid non è passata. E lo sottolineano tutti i direttori intervenuti: da Marco Magrini, referente della Commissione tecnica di sorveglianza Covid a Edoardo Majno, direttore sanitario che sta ultimando il passaggio di consegne al suo successore Giuseppe Catanoso: «Il virus non è vinto. E la fase che stiamo vivendo è molto importante sotto il profilo del contenimento della diffusione. Per questo non abbassiamo la guardia. I cittadini devono però continuare a fare attenzione e indossare le mascherine, rispettare la distanza sociale, lavarsi spesso le mani e seguire tutte le norme preventive».

Tasso di incidenza più basso della Lombardia

I numeri di contagi e decessi, visto ora che la tsunami sembra passato, fanno davvero paura. Eppure le province di pertinenza dell’Ats Insubria sono quelle in cui si è registrata un’incidenza di contagio più bassa di tutta la regione. Il dato lombardo, infatti parla di 9 casi ogni 1.000 abitanti. Varese ha registrato 4,4 casi su 1.000 residenti e l’Ats nel suo complesso 5,28. «Quindi – dice Paolo Bulgheroni, direttore del Dipartimento di Igiene e Prevenzione – potremmo dire che abbiamo lavorato bene sul fronte del contenimento del virus. Ma sappiamo, perché l’abbiamo vissuta in tutte quelle settimane, che la questione è ben più complessa e complicata».

L’importanza della comunicazione

Come la filiera della comunicazione. Innegabilmente difficoltosa, anche perché strutturata in maniera complessa, ma che «è stata di grande importanza – ha dichiarato Elena Tettamanzi, responsabile dell’Epidemiologia, Medicina ambientale e flussi comunicativi – anche per i sindaci, che sulla base dei numeri comunicati si sono potuti muovere sui propri territori e per i medici, che attraverso un portale loro dedicato possono prenotare i tamponi per i mutuati».

“Solo 2 Immuni”

Un invito a scaricare ed utilizzare l’app Immuni è stato rivolto da Annalisa Donadini, responsabile della Medicina Preventiva nelle Comunità. «La tecnologia ci può venire in aiuto. Con il sistema dell’app abbiamo la possibilità di rintracciare, in modo più puntuale, gli eventuali contatti di un caso positivo. Ad oggi nell’Ats Insubria solo due soggetti positivi hanno dato l’autorizzazione a “sbloccare” i codici dell’applicazione per facilitare il contact tracing».

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