Il Covid ha cancellato mostre e spettacoli. Ma la cultura a Busto non può morire

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BUSTO ARSIZIO – Il Covid-19 ha chiuso i teatri, ha fermato gli spettacoli dal vivo, congelato le mostre e i festival. Ha reso complicato anche il semplice gesto di prendere in prestito un libro in biblioteca. Insomma ha calato il sipario. Ma non ha fermato la cultura. L’ha forse silenziata, se si pensa agli eventi, agli applausi di un pubblico che in questo momento non esiste più. Ma non ha bloccato voce e cuore di quel mondo che, nell’emergenza immediata, si pensa di poter fare a meno, ma di cui ben presto se ne sentirà la mancanza.

Un cuore che batte e che  soffre in silenzio

E che il cuore della cultura bustocca continua a battere, e a soffrire in silenzio, lo dimostrano le voci di chi andava in scena e ora non può farlo, di chi suonava in pubblico e ha dovuto idealmente riporre i propri strumenti musicali. Di chi fino a qualche settimana fa stava sul palco, ma anche dietro le quinte per animare Busto e le sue case culturali. Voci che non sono state zitte davanti alla lettera dell’assessore Manuela Maffioli, resa pubblica sulla pagina Facebook del Caffè letterario di Busto Arsizio.

Parole di vicinanza a un settore e che ha avuto la forza di dare vita a una sorta di Stati generali della cultura 2.0. Associazioni, storici, musicisti, attori: voci differenti che non si sono ritrovate in un luogo fisico, ma nella rete, alla quale hanno affidato il loro messaggio: dal maestro Fabio Gallazzi, ad Afi (Archivio fotografico italiano); a Centro Artecultura Bustese, Silvia Salvetti e tutti i volontari del Lux, ma anche il Fratello Sole, lo Spazio arte Farioli, Sarah Leoni e Andreella Photodi Dia sotto le stelle, il maestro Paolini, Ginetto Grilli e la Famiglia sinaghina, Luigi Giavini, I Gen d’Ys e Busto Folk, Palketto stage, il Gruppo ricerche storiche di Borsano e la scuola Rossini.

«Quel che mi ha stupito è stata la reazione alla mia lettera. Scritta ormai una decina di giorni fa per fare sentire la mia vicinanza – spiega l’assessore – Sono in tanti che hanno voluto rispondere portando un proprio contributo e una riflessione su questo momento di difficoltà. Nessuno ha posto la questione in termini materiali, che però ci sono e non possiamo fingere di non vedere».

Cibo dell’anima. Ma non solo

La cultura non è solo sedersi in poltrona e godersi lo spettacolo. Non è il biglietto che viene pagato e staccato. E non è neppure solo ciò che si vede, si applaude, si apprezza o si critica. La cultura è anche ciò che si sente. Anzi, che si fa sentire nell’anima «perché è nutrimento», aggiunge Manuela Maffioli prima di porre il secondo tema legato alla cultura. Un argomento spesso non considerato quando si parla di arte, teatro, cinema, libri. Ma che come in ogni altro settore è un motore importante: l’industria della cultura.

E l’assessore bustocco parte da qui. Con una premessa: «Il mondo culturale della città di Busto Arsizio ha ben presente che in questa emergenza vi è e vi sarà una scala di priorità. In cima alla quale non ci sarà di certo la cultura. Ma non si può però dimenticare che anche per questo settore esiste una sofferenza economica ben più grande di quella che si può pensare in un primo momento». Vero, poiché si fa presto a pensare (e a volte ad agire): “chiudiamo un teatro”, “non facciamo una mostra”, “rinunciamo a organizzare un concerto”. Forse perché non è così immediato pensare che dietro a ogni evento, oltre a quello dell’artista, c’è il lavoro di molte altre persone. Tante, la maggior parte delle quali non si vedono sulla scena, ma che “tengono famiglia” come qualunque altro lavoratore di ogni altro settore. «Ed è anche questa economia, quella della cultura,  che oggi soffre. In silenzio – continua l’assessore Maffioli – Un’economia che da dà vivere e sfama persone. Che certamente non avrà il peso di altri settori, ma ha comunque anch’essa una nobiltà. Che le deve essere riconosciuta».

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