Il coronavirus, l’Europa e le tre profezie

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, forse sarà l’atmosfera grigia che ci circonda nonostante il sole splendente, forse sarà il diluvio di informazioni e di esternazioni provenienti dai media, forse sarà l’arresto domiciliare al quale siamo tutti sottoposti, ma le ultime notizie che provengono dalla nobile Europa peggiorano il mio umore che già subisce le intemperie della pandemia.

Di fronte alle proclamazioni della von der Leyen, ho riguardato le annotazioni che durante la primavera scorsa (2019) ho distribuito sul libro di Giulio Tremonti “Le tre profezie” ed intorno ad alcune interviste all’autore che sono comparse, così come si conviene all’uscita di un libro di una famosa personalità. Allora il personaggio, quattro volte ministro dell’economia con Silvio Berlusconi ed ora presidente dell’Aspen Institute Italia, può apparire antipatico, troppo ironico e poco incline al buon umore e alle relazioni tranquille ma, a mio parere, non gli si può negare una cultura di grandissimo spessore ed un cervello dinamico ed in perenne attività. Confesso che sono attratto dall’intellettualità quando produce pensieri in libertà proiettati alla ricerca del senso del quotidiano, dell’umana convivenza e della storia.

Il filo del pensiero di Tremonti parte da lontano con la pubblicazione di altri libri dove piano piano elabora una costruzione tutt’affatto originale. Ne “Il fantasma della povertà” (siamo nel 1995) affermava che nel futuro avremmo dovuto fare i conti con un cambio di passo nel rapporto fra economia e politica. Nel mio piccolo condivido, come altri, che oggi è l’economia a determinare la politica mentre dovrebbe essere la Politica (P maiuscola) a governare l’economia. Tremonti allora scriveva: “Non saranno più gli stati a scegliere come tassare le compagnie ma le compagnie a scegliere come farsi tassare a seconda la loro convenienza”. Nel 2007 con “La paura e la speranza” indicava una comune consapevolezza: la globalizzazione ha un lato oscuro fatto di disoccupazione e bassi salari, crisi finanziaria, rischi ambientali e pericolose tensioni internazionali. Per l’Europa un doppio declino, da una parte la decrescita delle nascite, dall’altra la riduzione della produzione. Nel 2016 con “Mundus furiosus” (così si chiamava l’Europa all’indomani della scoperta dell’America) tracciava le minacce, mai così evidenti come oggi, circa la crisi della finanza, le migrazioni di massa, le macchine digitali che distruggono il ceto medio rubandogli il lavoro ed anche il pensiero, le nuove guerre “coloniali”, la rete che, nonostante le apparenze, erode le basi della democrazia e della gerarchia trasformandole in anarchia.

“Le tre profezie” alla fine sono l’ultimo capitolo di una lunga ricerca, dove si spiega che la globalizzazione è stata presentata al mondo come un grande e luminosa cattedrale come Notre-Dame. Ma adesso la navata sta crollando. In una bella intervista Tremonti afferma che “per la prima volta nella storia Creso, ovvero il denaro, ha battuto l’imperatore, diventando egli stesso imperatore: i simboli e gli strumenti del denaro hanno sostituito quelli della politica.” Ed ancora: “Il problema sono le élite. I popoli hanno fiducia nei governi finché i governi intercettano i sentimenti dei popoli, ma, se l’Europa diventa burocrazia e globalizzazione, chi può riconoscersi? Se entri in un bar e dici: “Vorrei più Europa, quindi più unione bancaria” non va a finire bene. Ma se spieghi che vuoi più Europa perché dobbiamo concentrarci sulla difesa comune, sulla sicurezza e sulla gestione delle migrazioni, forse ti stanno a sentire”

Allora i tre profeti: Karl Marx, Johan Wolfang von Goethe e Giacomo Leopardi non avevano computer e tablet, eppure vedevano nel futuro. Marx scrive sul Manifesto che lo “stregone non potrà più dominare le potenze sotterranee da lui evocate”. Lo stregone è quello della nuova religione globale, pagana, monoteista, totalitaria e prodigiosa: il divino mercato. Pensiamo alla Cina alla quale gli USA hanno permesso nel 2001 di entrare nel WTO. Adesso la contrastano ed il confronto non è solo commerciale, è geopolitico. Pensiamo alla “via della seta” che, entrata nella costituzione cinese nel 2017, è evidentemente uno strumento di proiezione geopolitica, appunto.

La seconda profezia è quella sul potere mefistofelico del denaro e del mondo digitale. Mefistofele ruba l’anima a Faust per regalargli un mondo organico, un ibrido tra realtà e fantasia, affascinante ed avvolgente. Cosa c’è di più vicino alla dimensione virtuale della rete? Al posto del vecchio filosofico “cogito ergo sum” vale una nuova categoria “digito ergo sum”. Prendendo a prestito le parole di una nota canzone dell’intramontabile Mina, a questo punto mi esce dal cuore un “grande, grande, grande”.

Nella terza profezia l’autore cita lo Zibaldone di Leopardi dove quando Roma fu il mondo, i cittadini romani, avendo come patria il mondo, non ebbero nessuna patria e lo dimostrarono con i fatti. È un chiaro riferimento alle crisi che fatalmente si manifestano nelle società cosmopolite. Inoltre Leopardi vedeva profeticamente la crisi dell’ordine stabilito in Europa allora con il Congresso di Vienna ma che oggi possiamo ricondurlo al trattato di Maastricht. A partire da Maastricht passando per i trattati di Lisbona e di Nizza, si è passati dalla piramide che aveva alla base i Paesi con molte competenze e il vertice con poche competenze si è passati ad una piramide rovesciata, dove la maggior parte delle competenze legislative e amministrative sono state trasferite a Bruxelles. Questa operazione ha ridotto drasticamente la democrazia e la capacità dell’Europa di intercettare i sentimenti dei suoi popoli. E lo vediamo benissimo proprio in questi giorni di fronte alla coronaminaccia.

Cari amici vicini e lontani, la foto del 1957 è in bianco e nero ma è una foto di uomini che credevano, come Shuman, Adenauer e De Gasperi, nel futuro dei popoli europei, quelle degli ultimi meeting sono a colori ma sono di uomini sbiaditi che pensano solo agli interessi nazionali e ne abbiamo avuto un’evidente conferma proprio con le affermazioni della Ursula von der Leyen. Inoltre con l’anglosfera l’Europa aveva una dimensione mondiale avendo accesso agli oceani. Ora l’Europa nella global room non c’è più. Come diceva un sovranista puro come Friedrich Nietzsche: “Senza l’Inghilterra l’Europa non esiste”.

Cari amici vicini e lontani, l’inno alla gioia è stato composto da Schiller nel 1786, è stato utilizzato come corale da Beethoven nel 1824 ed è stato scelto come inno europeo nel 1972.Per come stanno andando le faccende in Europa, particolarmente di fronte alla drammatica vicenda del coronavirus, mi piacerebbe pensare che il Consiglio Europeo non fosse infine costretto a cambiare musica e a adottare per esempio l’Incompiuta di Schubert.

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