Il virus della confusione

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“Sono preoccupato” avverte Attilio Fontana durante l’incontro con la stampa di quest’oggi, giovedì 26 marzo. E se lo è il governatore della Lombardia, che più di altri ha il polso della situazione, come potremmo non essere preoccupati tutti noi, che ascoltiamo, senza possibilità d’intervento, le notizie sull’inarrestabilità del coronavirus? Notizie sui contagi che appunto preoccupano e, a un tempo, disorientano. All’aspetto epidemiologico e sanitario, cioè la diffusione del morbo e le contromisure scientifiche e mediche per arginarlo, si sommano i comportamenti ai diversi livelli dei politici, di opinionisti e giornalisti, di chi la sa lunga e di chi non sa niente e parla lo stesso, in un vortice di chiacchiere dentro le quali, persino gli interventi degli esperti veri, finiscono per creare confusione.

In queste ore si litiga sull’opportunità di sottoporre al tampone l’intera popolazione: c’è chi invoca l’esame di massa e chi lo ritiene dannoso. Il risultato è una polemica della quale faremmo volentieri a meno, ma che è generata da una mancanza di chiarezza a tutti i livelli, purtroppo anche degli stessi virologi o immunologi che dir si voglia. E fors’anche degli istituti di sanità che sovrintendono l’evento epidemico.

D’accordo, siamo di fronte a una pandemia causata da un virus sconosciuto, ed è pure vero che mai ci siamo trovati in una simile, drammatica situazione, senza soluzioni immediate da proporre. A dimostrazione del disagio (eufemismo) generale ci sono le dichiarazioni e le scelte di Paesi considerati il massimo dell’efficienza. Vedi gli Stati Uniti, per dirne uno. Insomma, si procede alla giornata. In Italia anche in forza di decreti e ordinanze che si susseguono a ritmo vertiginoso fin dall’inizio dell’emergenza. Si fa a gara coi provvedimenti: il governo, le Regione,  i Comuni. Ciascuno ha la sua soluzione, nessuna definitiva, spesso contraddittoria, quasi sempre da interpretare. L’impressione è che i più confusi di tutti si trovino a Roma: il presidente Conte se ne esce di notte annunciando l’ennesimo decreto, il mattino dopo due ministri (Lamorgese e Speranza) firmano un’ordinanza che impone nuove restrizioni. Domanda: a Palazzo Chigi, presidente e ministri si parlano oppure no?

Nel frattempo, proprio oggi è annunciato un nuovo modulo di autocertificazione per poter circolare, il terzo o quarto della serie, non importa. Di sicuro un altro elemento che non aiuta a scaricare l’ansia. Un elemento marginale rispetto a tutto quanto sta accadendo e a quanto dovremo affrontare una volta finita l’emergenza, però è il termometro di idee per nulla chiare. E se sono opacissime su un problema di minor conto, qual è il livello di consapevolezza e competenza sui devastanti scenari economici che si prospettano?

In mezzo a tutto ciò, tralasciando le insensatezze della burocrazia, c’è addirittura chi cerca di sfruttare l’occasione per fare campagna elettorale. Potremmo intrattenerci a lungo nell’elencare atteggiamenti che guardano al consenso popolare più che alla salute collettiva, non solo quella emergenziale per le persone colpite da Covid-19. Le somme vanno tirate più avanti, quando saremo fuori dal tunnel. Certi fenomeni in cerca di visibilità non possono però farla franca, nella capitale come in alcune città minori. Intanto, la gente continua ad ammalarsi e molti, troppi a morire. Intanto, medici e operatori sanitari sono nella linea del fuoco, spesso senza tutele efficaci, a combattere una guerra contro un nemico invisibile che preoccupa e, più facilmente, continua a far paura.

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