Il virus è alla corde, una ripartenza sbagliata lo rianimerà

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Saranno in molti a condividere l’idea che prendere finalmente un caffè al bar significhi ritrovare la libertà o, quanto meno, percepirne il significato più vero e il suo valore. E’ soltanto un caffè, ma dopo due mesi e oltre di isolamento o, se preferite, di “arresti domiciliari” respiriamo un’aria nuova, appunto di libertà. Esageriamo? Può essere. Anche se questa ripartenza, come la definiscono i titoli dei giornali, è ancora parziale. E nasconde tante insidie, quelle che gli esperti ci fanno balenare con toni gravi, a volte addirittura grevi, paventando ulteriori ondate del virus.

Insomma, non siamo al riparo dai pericoli del contagio, il coronavirus, sostiene un noto virologo, è alla corde ma non al tappeto. Reiterare per altre settimane draconiane restrizioni avrebbe però significato un precipizio sociale ed economico forse insormontabile. “O morire di fame o morire di virus” si è spesso sentito dire in questi ultimi giorni. Non moriremo né dell’una né dell’altra situazione. Ne stiamo venendo fuori, benché ci raccomandino prudenza e responsabilità. Siamo messi alla prova, pena richiusure repentine dentro le nostre case, con ulteriore blocco di tutte le attività. Pleonastico illustrare gli scenari futuri di una simile, infausta eventualità. Per questo siamo tutti chiamati al senso civico e alla solidarietà collettiva.

D’accordo, siamo sfiniti dalle lunghe, interminabili settimane di segregazione. Nemmeno possiamo crollare proprio adesso, in vista del traguardo. Vi sono categorie produttive che non possono permettersi nemmeno un giorno in più di inattività. I motivi li conosciamo tutti, E il governo, al di là dei miliardi di euro sbandierati in ogni conferenza stampa del premier, non ha ancora mantenuto fede alle sue fantastiche promesse di aiuto: forse perché i soldi messi sul tavolo sono quelli del monopoli. Chissà. Anche per questo la ripartenza va salutata senza eccessivi entusiasmi, almeno per ora. Prestando attenzione alle prescrizioni che dovrebbero garantire sicurezza nella vita sociale e nei rapporti famigliari, spingendoci oltre il guado.

Il contesto generale non ci è di grande sostegno, non lo è soprattutto per gli imprenditori, per quelli più piccoli, maggiormente esposti ai rigori di una congiuntura senza precedenti. Tant’è vero che molti negozi e laboratori (in provincia di Varese valutati sopra il 20 per cento!) nemmeno riapriranno. La confusione regna ancora sovrana, i contrasti istituzionali sono deleteri rispetto alla necessità di recuperare, assieme alla libertà, un minimo di serenità economica e sociale. E di chiarezze. Senza dimenticare l’aspetto sanitario, il più importante e ineludibile, vanificando il quale venificheremmo tutto il resto. Davvero non possiamo permettercelo.

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