Iraq, rinascere dalle macerie

DOPO LA VISITA DEL PAPA, IL DIFFICILE CAMMINO DELLA RICOSTRUZIONE CIVILE, CULTURALE E UMANA

di Carlo Pedroli

Il 5 marzo papa Francesco, a bordo di un aereo decollato da Roma Fiumicino, atterra a Baghdad. Il viaggio, oltre che segnare una svolta storica nelle relazioni e nel dialogo tra le fedi, lancia un forte messaggio, non solo religioso, ma anche e soprattutto politico. I temi toccati dal pontefice durante la visita all’ayatollah Ali-al-Husayni al-Sistani, la più alta autorità dell’Islam sciita, sono molteplici e tutti molto chiari. Papa Bergoglio esorta la pace, il dialogo tra le parti anche in situazioni di estrema radicalizzazione del conflitto religioso. Per la prima volta nella storia un pontefice visita l’Iraq e non per “difendere e proteggere i cristiani” come dichiarato dal patriarca cattolico iracheno Luis Sako, bensì per riaprire il dialogo politico istituzionale tra occidente e medio oriente. La scelta del pontefice di concentrare la sua azione diplomatica nella più popolosa città irachena non è casuale.

Mosul, città simbolo della lotta allo stato islamico

L’Iraq ad oggi è un paese in ginocchio, completamente da ricostruire. Durante la visita del papa alla città di Mosul le telecamere di tutto il mondo hanno filmato le macerie di una città distrutta dalla guerra. I conflitti perdurano da ormai quarant’anni. Mosul, capoluogo del governatorato di Ninive, è la città simbolo della lotta contro le milizie dello stato Islamico. Questa regione, tra Kurdistan iracheno e piana di Ninive, ha vissuto per anni sotto occupazione delle forze dell’Isis. La massiccia componente cristiana nella zona ha abbandonato in massa la città durante le prime occupazioni terroristiche nel 2014.

Cinque anni fa iniziava la battaglia di Mosul. I cittadini, sotto occupazione del califfato, raccoglievano dalle strade del capoluogo volantini premonitori: presto si sarebbe combattuta la guerra di liberazione, definita come la “madre di tutte le battaglie”. Il 17 ottobre 2016, infatti, diverse milizie sciite, appoggiate da militari del governo autonomo del Kurdistan iracheno, entravano nella città intenzionati a combattere l’occupazione estremista del capoluogo. A queste, un anno dopo, si è aggiunta anche una coalizione di 60 paesi, sotto la guida degli Usa, per fornire alle milizie irachene e kurde supporto aereo e logistico.

Dopo due anni di guerriglia la città è libera, ma completamente distrutta: le chiese, come le moschee, sono state utilizzate come nascondigli dai miliziani dell’Isis e rase al suolo dai bombardamenti. Le bellezze antiche della città, un tempo capitale dell’impero assiro, cadute sotto la pioggia di fuoco degli scontri. La complessità etnica preesistente spazzata via dalle violenze degli occupanti. Migliaia i cadaveri per le strade e civili usati come scudo umano durante le operazioni di difesa.

Iraq, un campo minato

Secondo le Nazioni Unite, in Iraq sono sepolte circa un milione e 700mila mine antiuomo concentrate prevalentemente lungo il confine con l’Iran. Molte di queste piazzate a Mosul durante i tre anni di occupazione dell’Isis. Questo tipo di ordigni è stato utilizzato durante il conflitto col fine di compromettere le capacità di ripresa del Paese. Una popolazione menomata, non autosufficiente e bisognosa di sostegno economico e sanitario è un’ipoteca per uno Stato che esce da una guerra. Ad oggi, dopo anni dalla fine del conflitto, Mosul rimane l’epicentro di una profonda crisi umanitaria. Tra mine inesplose e macerie, la città cerca lentamente di riprendere vita. Ma alle ferite della guerra si sommano quelle tra le comunità. Nella regione si contano migliaia di sfollati; la popolazione che abita nei punti maggiormente colpiti dalla guerra necessita urgentemente di aiuti sanitari, ciò nonostante almeno il 60% delle strutture mediche risulta fuori uso. Le moschee come i punti di interesse religioso stanno lentamente risorgendo, ma la crisi umanitaria e le scarse condizioni sanitarie restano un problema per i cittadini del capoluogo.

Rinascere dalle macerie

Il 21 novembre 2020, Unesco ha lanciato il progetto “Revive the spirit of Mosul” con l’obiettivo di “recuperare e salvaguardare il patrimonio culturale, educativo e sociale della città, che ha subito le gravissime devastazioni materiali e immateriali del conflitto con Daesh (lo Stato islamico)”. Il progetto di Unesco mira alla ricostruzione dei luoghi di culto e abitativi devastati dalla guerra. Uno di questi è sicuramente il famoso complesso religioso di Al Nuori, costruito sulla sponda occidentale del fiume Tigri intorno al 570 d.C. che dista solo 100 metri dalla chiesa cristiana di Al Tahera. Questo, sottolinea Fontani, evidenzia la dimensione multiculturale della città. Mosul, secondo il direttore di Unesco da millenni è culla del dialogo tra diverse religioni e risorgerà dalle proprie macerie.

IRAQ