La politica del tutto fa brodo

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Chi ha memoria della cosiddetta Prima Repubblica potrà confermare come la Democrazia cristiana, la mai doma Balena Bianca che ha imperversato sulla scena pubblica italiana per quasi mezzo secolo, fosse imbattibile nel ricompattarsi in vista di un appuntamento elettorale. Divisa in correnti (oggi si chiamerebbero in modo ipocrita “anime”) riusciva a superare ogni contrapposizione interna facendo fronte unico e, soprattutto, proponendo una linea politica comune. Perlomeno fino alla chiusura delle urne, per ritornare subito dopo a contrapporsi.

Altri tempi, altre persone, altri valori. La constatazione ci è suggerita da un paio di titoli desunti da fonti d’informazione che riguardano esponenti della Lega, ma potrebbero riferirsi a rappresentanti di qualunque altra squadra in campo nell’attuale contesto, se non tutte, parecchie. E allora, apprendiamo da Rete55, l’emittente televisiva del Varesotto, che Francesco Speroni, ex senatore, eurodeputato e ministro, attuale segretario leghista di Busto Arsizio, privilegia l’alleanza coi pentastellati di Gigino Di Maio. Testuale: “Meglio coi Cinque Stelle che con Forza Italia”. Sottotitolo: “Lo storico esponente della Lega lancia la candidatura della sua concittadina Tovaglieri e boccia l’ipotesi di un centrodestra ricompattato”. Tutto lecito nella libertà delle opinioni e in ottemperanza al governo gialloverde, se non fosse che proprio a Busto e in Provincia di Varese, il Carroccio viaggia compatto con i berlusconiani. E se non fosse che, nelle stesse ore, sul Messaggero, il governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana, affermava il contrario. Titolo: “Per fortuna io alleato del centrodestra, i grillini calpestano lo Stato di diritto”.

Chi ha ragione e chi ha torto? Una risposta univoca forse non c’è. Speroni va in scia al suo leader Matteo Salvini, che a Roma continua il “matrimonio” da separati in casa col Movimento stellato; Fontana deve badare alla maggioranza di centrodestra che lo sostiene a Palazzo Lombardia. Insomma, più che una politica delle ragioni ci pare la politica delle opportunità.

Il punto è che a certe contraddizioni non ci fa caso più nessuno. Prendiamo la locale sezione di Forza Italia che va a congresso sabato 4 maggio. Lara Comi, coordinatrice provinciale uscente e candidata alle europee, promuove le intese con la Lega e vede la sinistra come il fumo negli occhi; ma in alcuni Comuni che andranno al voto domenica 26 i berlusconiani hanno stretto alleanze nientemeno che col Pd, niente simboli in evidenza per accreditare una componente civica,  però la sostanza non cambia: sinistra e berlusconiani stanno assieme.

Questo per dire come vanno le cose; e da altre parti vanno anche peggio. I dem, ad esempio, in periferia si alleano coi forzisti ma a livello nazionale tra loro c’è chi non disegnerebbe un cammino comune coi Cinque Stelle, che al momento attaccano. Pentastellati, i quali, a loro volta, si dividono in parecchi rivoli che, fino a prova contraria, sembrano convergere tutti attorno a Di Maio. Fino a quando?
Scenario confuso anziché no, quello che ci accompagna alle urne. Per gli elettori abituati a scelte penderate, dettate da ragionamenti politici veri se non, addirittura, da ideali e non da decisioni di pancia, è un problema. “E’ cambiato il mondo” si giustificano i politici delle nuove generazioni. Che è un po’ come dire: tutto fa brodo. Proprio un bel cambiamento.

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