di Gian Franco Bottini
E’ il titolo di una secolare ballata romanesca che, per meriti acquisiti sul campo, può essere oramai assunta come inno ufficiale della Città Eterna. Da un po’ di tempo a Roma si gioca a “Guardia e Ladri” e mentre i primi pare abbiano guadagnato punti in efficienza, i secondi pare abbiano invece aumentato il livello delle loro prestazioni in termini di ingordigia, arroganza e stupidità.
Nel mese di febbraio, dopo repentini e sorprendenti voltafaccia politici anche da parte di chi oggi si appresta a varare “il governo del rinnovamento”, veniva lanciato il progetto del secolo: il nuovo stadio capitolino; solo tre mesi dopo una trentina (!) di personaggi, di tutte le colorazioni politiche, vengono pizzicati con il “dito nella nutella”.
L’immediato sentimento che la vicenda crea, senza voler fare facili moralismi, è di un totale disgusto che, a prescindere dall’ipotesi delittuosa sottostante, nasce dall’evidente arroganza, superficialità, voracità, stupidità di personaggi rappresentanti un così vasto arco politico da far pensare che il “far carne di porco” delle cose della nostra capitale sia oramai un fatto universalmente condiviso e fortemente organizzato.
Talmente condiviso che scorrendo l’elenco delle persone coinvolte ci si accorge con sorpresa che a provenienza di alcuni di loro è extra-capitolina, facendo nascere il dubbio che la “Roma ladrona” di un tempo si sia trasformata in una“ Roma scippata”, con un probabile scambio di ruolo fra scippati e scippatori.
Verrebbe di avere un po’ di comprensione per i cittadini romani che ogni due per quattro si trovano di fronte a queste spiacevoli sorprese, ma nel contempo non vorremmo esagerare in generosità nei loro confronti; da troppi decenni questi fatti si ripetono (e sotto tutte le bandiere) ma mai ci è parso di vedere una reazione netta e decisa da parte dell’opinione pubblica romana, forse per una innata pigrizia, per rassegnazione o forse per una interessata e diffusa distrazione.
Probabilmente la lettura corretta ce la dà la già citata ballata che da anni racconta come “La società dei magnaccioni” “non je frega e non gl’importa” che l’oste “dentro il vino ce mette l’acqua” perché come contropartita “ci hai messo l’acqua e nun te pagamo”. Come dire: ognuno ha il suo tornaconto e tutti vivono felici e contenti! Del resto lo diceva anche il Maestro, che con “du spaghi e un par de scarpe nove” si riesce anche a pensare che tutto vada per il meglio.
Magnaccioni roma arroganza – MALPENSA24