Landini, Meloni: due sponde, un ponte

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Giorgia Meloni interviene al congresso della Cgil a Rimini

di Massimo Lodi

“Pénsati sgradita” dice il cartello. Sgradita? Sì certo, la sinistra sinistra vorrebbe altri a Palazzo Chigi, una strategia economico-sociale diversa, risposte meglio adatte alla domanda di lavoro, di equi e capillari contributi, di redistribuzione delle risorse fiscali, di qualità della vita. E di altro ancora.

Però la sinistra sinistra è stata delusa dai suoi interlocutori abituali. E incontra senza prevenzioni l’avversario numero uno, la leader della destra destra, il capo d’un governo che discorda ideologicamente dallo storico sindacato italiano. Dunque sarebbe calzante offrire alla vista dell’ospite un manifesto differente, con su scritto “Pénsati ascoltata”, così evitando di subirne la facile ironia: “Non credevo che la Ferragni fosse un metalmeccanico”.

Ma son cose di margine, come i rari peluche esibiti a contestazione delle topiche ministeriali di Cutro; gli sporadici fischi di ricevimento e il modico rarefarsi di presenze quando la premier entra nell’arena, che poi si rivela non esser tale; il canto di “Bella ciao” a segnalare lo sventolìo della bandiera antifascista, perché questo vento di libertà soffia sempre. Deve sempre soffiare.

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Massimo Lodi

Per il resto, attenzione, silenzio, voglia di capire in attesa di scegliere prossimamente la maniera di replicare. Il Palacongressi di Rimini non diventa ring del match fra Giorgia Meloni e Maurizio Landini. Si fa luogo di dialettica civile, di vicendevole rispetto, di conferma del largo divario  tra ispirazioni politiche alternative e tuttavia consapevoli dell’obbligo di non ignorarsi nel drammatico momento attuale.

È un’ulteriore chiarimento dei ruoli, che segue quello avvenuto in Parlamento tra le segretarie di Fdi e Pd; una spinta in più verso la polarizzazione; un ribadire i fondamentali del confronto fra parti in disaccordo, che escludono compromissioni (sempre negative), ma non escludono compromessi (talvolta necessari). C’è un detto e un non detto. La Meloni incassa credibilità per il coraggio d’essere andata lì, per la condanna dell’assalto alla sede Cgil nell’ottobre ‘21, per il coerente attenersi alla direzione di marcia presa dal suo esecutivo. Landini spegne i fuochi interni perché premiato dal realismo diplomatico, cresce nel ruolo di funzionale partner della Schlein in un’opposizione di ragionata lotta, apre un canale dialogante che presto dovrà essere navigato dalla Meloni. Le due sponde sono meno lontane, anche se ora non sembra. Ma un ponte, sia pure stretto, lo si è gettato. Meno fantasioso della cattedrale sul mare tra Messina e Reggio Calabria.

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