Le motivazioni della condanna in appello: “Laura Taroni consapevole di uccidere”

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Laura Taroni con l'ex vice primario del pronto soccorso di Saronno Leonardo Cazzaniga

MILANO – “Trattandosi certamente del reato più grave la pena risulta correttamente quantificata in quella dell’ergastolo. Altresì il primo giudice ha quantificato gli aumenti per la continuazione con gli altri reati di cui è stata riconosciuta la colpevolezza in una entità complessivamente inferiore a 5 anni di reclusione: per cui la pena rimane fissata in quella dell’ergastolo senza isolamento che applicata la diminuente per il rito abbreviato si converte nella sanzione di 30 anni di reclusione. Alla luce dei principi che sono richiamati deve quindi essere mantenuto il calcolo effettuato dal primo giudice apparendo peraltro la pena inflitta del tutto proporzionata rispetto alla gravità dei fatti commessi”.
È la dura conclusione, del giudice della Corte d’Appello di Milano, contenuta nelle motivazioni della sentenza in cui è confermato il dispositivo di primo grado contro l’infermiera, Laura Taroni. La donna era stata condannata a 30 anni. Confermata in secondo grado nell’ambito dell’inchiesta “Angeli e demoni” per le morte sospette al pronto soccorso dell’ospedale di Saronno. Vicenda per la quale è in corso il dibattimento alla Corte d’Assise di Busto Arsizio a carico del vice primario Leonardo Cazzaniga, col quale la Taroni intratteneva una relazione.

Responsabile della morte del marito e della madre

Le motivazioni della sentenza nei confronti di Laura Taroni hanno ribadito le sue responsabilità rispetto alla morte del marito, Massimo Guerra, e alla madre di lei, Maria Rita Clerici. “Alla luce di tutte queste risultanze considerate nel complesso delle condotte tenute dall’impuntata in relazione non solo alla commissione dei reati di lesione personale, ma anche di quelle relative a entrambi gli omicidi contestati a parere della Corte non esistono dubbi sulla sua responsabilità penale per tutti i reati ritenuti dal primo giudice”.

“L’imputata – ha aggiunto il giudice dell’appello – ha ammesso di aver avviato ai danni del marito nel 2011 terapie farmacologiche del tutto inutili per le sue condizioni di salute la cui pericolosità è dimostrata dagli immediati e ricorrenti effetti di grave malessere che hanno reso necessari vari ricoveri e hanno fatto correre alla vittima pericolo di vita. Inoltre è pienamente provato che l’organismo del Guerra ne è stato gradualmente deteriorato tanto che l’uomo oltre a mostrare un rilevante dimagrimento non è stato più bene dalla fine del 2011 da quando come riferito dalla sorella Gabriella Guerra aveva mostrato persistenti malesseri consistenti in continua sonnolenza senso di stanchezza tremori e sudori”.

La malattia che non c’era

Anche sul secondo omicidio, quello ai danni della madre, Maria Rita Clerici, nelle motivazioni il giudice non ha lasciato molto margine di dubbio: “La madre costituiva per la Taroni ulteriore ostacolo all’ufficializzazione del rapporto con il suo amante. La donna si intrometteva nella sua vita soprattutto cercando di mettere i nipoti contro il Cazzaniga e frequentemente litigando con lui fino a spingerlo fuori casa. È altrettanto provata sussistente la responsabilità penale dell’imputata sulla base degli elementi illustrati”. La Corte d’Appello ha riferito di un vero e proprio piano studiato da tempo: “Non si era trattato – ha chiarito il Giudice – di una decisione estemporanea perché la preparazione del delitto risulta programmata da alcuni giorni.  Sia la Taroni che Cazzaniga avevano diffuso la notizia tra familiari e conoscenti e colleghi di lavoro che la Clerici non stava bene avendo la febbre alta e forse la polmonite il che non corrispondeva a verità come riconosciuto dalla stessa Taroni. Una circostanza che emerge dalle prove assunte da cui risulta che fino al giorno prima della morte, la Clerici si muoveva autonomamente e non mostrava particolare malessere”.

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