Le parole per onorare la Memoria. Senza retorica

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Liliana Segre e Sami Modiano

Sarà vero che il Giorno della Memoria, cioè il ricordo della Shoah, è venuto a noia? Liliana Segre, una degli ultimi testimoni di quanto accadde di atroce nei campi di sterminio nazisti, lo sostiene con parole dure: “La gente dice: basta con questi ebrei, che cosa noiosa”. Di più, la senatrice a vita teme che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà soltanto qualche riga nei libri di storia, poi più neanche quella”. Un lento, progressivo scivolamento verso l’oblio. Triste, drammaticamente triste. Il pessimismo di Liana Segre le deriva forse dalla consapevolezza di una società distratta, che guarda ad altro, che sembra voler rimuovere quella tragica stagione; che, a conti fatti, non risparmia situazioni di rinnovata violenza, diverse nella forma dalle bestialità del nazismo ma uguali nella sostanza, nel loro sbocco disperante e di morte. Scontato pensare alla guerra. E alla Russia. Ai soldati russi che per primi, il 27 gennaio del 1945, liberarono Auschwitz, e che, oggi, colpiscono, anzi, massacrano l’Ucraina.

L’allarme di Liana Segre arriva nel mezzo di un rinnovato, concreto, straordinario impegno personale per raccontare, far sapere, appunto, testimoniare l’Olocausto. Per questo è un allarme che fa ancora più male e getta un’ombra sinistra sul dovere della Memoria delle giovani generazioni. Non si può dimenticare. Ricordare è un irrinunciabile obiettivo che deve porsi in prima istanza la scuola, perché la voce di chi ha vissuto quelle tragiche esperienze, un giorno, possibilmente il più lontano possibile, si spegnerà. Così avranno più facile gioco le voci dei negazionisti, di chi non vuole credere o, peggio, non vuole farci credere che siano vissuti uomini capaci di infliggere tanto dolore.

E’ anche per contrastare una tale deriva che Sami Modiano, 92enne come Liliana Segre, riempie le sue giornate incontrando gli studenti. Lo fa con parole di infinita dolcezza, con un trasporto e una forza che commuovono, a volte annichiliscono, e ci riportano alla sua esperienza di deportato. Ed è la stessa dolcezza, lo stesso trasporto, la stessa forza che ritroviamo nei discorsi della senatrice milanese. Avverte Sami Modiano: “Non dimenticate quello che è stato. Noi sopravvissuti abbiamo raccontato e continueremo a raccontare finché avremo vita, voi dovrete farlo quando non ci saremo più”. E’ un appello accorato, che non può, e, infatti, non cadrà nel vuoto. Chi lo ascolta ne rimane coinvolto. Lui, a chiosa di una intervista al Corriere della Sera, si rivolge a tutti noi: “Quando sarà il mio momento me ne andrò in pace sapendo di avere lasciato ai giovani la mia testimonianza. E non solo a loro, anche agli insegnanti e a tutte le persone volenterose. Promettetemi che continuerete a raccontare”.

Chi si sente di deluderlo? Chi si sente di banalizzare il dovere della Memoria, di dirsi annoiato? Le risposte sono soggettive e, a un tempo, corali. Con una sola conclusione possibile. Ma per il momento, qualunque altra parola, in confronto a quelle di Liliana Segre e Sami Modiano, rischia di apparire retorica. E, in un giorno come questo, la retorica finirebbe per essere un’offesa davanti al sacrificio di milioni di persone vittime del male assoluto.

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