Gli 80 anni di Umberto Bossi a 25 anni dalla “Padania libera”

lega bossi padania

Il 15 settembre di 25 anni fa, Umberto Bossi proclamava l’indipendenza della Padania. Domenica 19 settembre, il fondatore della Lega compie 80 anni. Due date, due passaggi di rilievo per il movimento che fu secessionista, poi federalista, poi regionalista, autonomista, populista e sovranista. Tutte queste cose, molte altre ancora o forse nessuna di esse. Bossi aveva però dato forza identitaria alla sua invenzione politica, che a un certo punto pareva dovesse sovvertire addirittura l’ordine costituito del nostro Paese. Esattamente nel settembre del 1996 a Venezia, quando, tra riti dell’ampolla, simboli celtici e aspirazioni collettive a formare un nuovo Stato, la Lega dava una spallata virtuale all’unità della nazione.

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Così si vede Umberto Bossi nel giorno del suo 80° compleanno

Ci credevano in tanti alla secessione. E in tanti pensavano che la Padania dovesse fare da sé, abbandonando al proprio destino il resto dell’Italia. Un territorio, la Padania, che in realtà non è mai esistito sulle carte geografiche, un’altra straordinaria invenzione del Capo, come i leghisti chiamano ancora Bossi. Una genialata, se così possiamo dire, che ha fatto milioni di proseliti, finita nel nulla. Venezia, le adunate lungo il Po, le catene umane, le suggestioni sul Monviso alle sorgenti del sacro fiume, Pontida, le camicie verdi, il Và pensiero, il Sole delle Alpi, il parlamento padano e tutto quanto di simbolico e folcloristico è stato realizzato negli anni. A partire dall’Alberto da Giussano preso a modello come ispiratore di libertà, anche se i maligni hanno sempre raccontato che il Guerriero della medioevale Lega dei Comuni fu “copiato” dal logo delle biciclette Legnano, non certo dalla vicende storiche.

“Via da Roma ladrona” era uno degli slogan più diffusi un quarto di secolo fa. Per precipitare poi nei sospetti di soldi pubblici malgestiti, forse fatti transitare su conti personali, fino allo scandalo della cosiddetta Family, fino agli investimenti in Tanzania e alle lacrime di Bossi nella notte delle scope in quel di Bergamo. Momento topico, di rinascita. Da Bossi ai barbari sognanti di Maroni, alle truppe salviniane, alla Lega nazionale che cancella il Nord e all’implosione del sogno secessionista.

80 anni sono un punto d’arrivo? Anche no, soprattutto per un uomo fiaccato dalla malattia, che di sicuro ha contribuito a dissolvere gli alti, quanto utopistici obiettivi delle origini. Chissà come sarebbe andata con il Senatur in piena forma, affrancato dal famoso cerchio magico che, sempre secondo gli osservatori politici, lo avrebbe condizionato in modo negativo. Chissà. Tempo di bilanci, probabilmente di rimpianti per le occasioni perdute. Tempo di riconoscimenti per un impegno che, piaccia oppure no, ha rappresentato e ancora oggi rappresenta, seppure su presupposti riveduti e corretti, una presenza decisiva in politica.

Anni comunque irripetibili, quelli di Umberto Bossi. Nella sua Cassano Magnago, enfaticamente ribattezzata la Betlemme della Lega, era d’uso festeggiare il 19 settembre. Appuntamento disperso tra sentimenti di delusione politica e pandemie. Ma gli 80 anni sono un traguardo tutt’altro che insignificante, soprattutto per un uomo che, imboccata la strada della secessione quasi senza rendersi conto di ciò che stava maneggiando, è entrato di diritto nei libri di storia. E per la porta principale.

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