L’ospedale di Varese partecipa allo studio sul plasma iperimmune contro il Covid

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VARESE – L’ospedale di Circolo di Varese è stato inserito tra i centri che partecipano ad uno studio nazionale sull’utilizzo del plasma iperimmune donato da pazienti guariti dal Covid-19.

Per la precisione, si tratta di uno studio randomizzato e controllato che prevede l’utilizzo del plasma donato da pazienti guariti al Covid-19 che abbiano le caratteristiche proprie del donatore di sangue e che abbiano sviluppato un titolo anticorpale neutralizzante adeguato per curare pazienti che si trovino in una fase precoce dell’infezione, caratterizzata da un’elevata replicazione virale.

Il professor Paolo Grossi, Direttore delle Malattie Infettive dell’Ospedale di Circolo di Varese e Docente all’Università dell’Insubria di Varese, è stato chiamato a far parte del Gruppo di coordinamento di questo studio insieme al Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, progfessor Franco Locatelli, al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità,  dottor Silvio Brusaferro, al Direttore Generale  di AIFA,  dottor Nicola Magrini, al Direttore delle Malattie Infettive di Pisa, professor Francesco Menichetti, e al Direttore dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive,  professor Giuseppe Ippolito.

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Il professor Paolo Grossi

Terapia che si rivela efficace

“Questo Steering Comittee è stato costituito per affinare un protocollo di studio redatto all’ospedale di Pisa al fine di renderlo applicabile in maniera uniforme e coerente su tutto il territorio nazionale. – spiega Grossi – Il Comitato Etico dello Spallanzani di Roma e l’AIFA hanno valutato e autorizzato la proposta che ora può diventare operativa in tutti gli ospedali italiani coinvolti. Per la Lombardia, accanto all’ospedale Sacco, al Policlinico di Milano e all’ospedale di Monza, non poteva mancare l’ospedale di Circolo di Varese”.

Sul piano operativo, l’autorizzazione a procedere con questo studio significa innanzitutto individuare tra tutti i pazienti guariti dal Covid-19 quelli con le caratteristiche che li rendono idonei a donare e che siano consenzienti. Tra questi, bisogna poi selezionare i pazienti che hanno sviluppato un titolo anticorpale neutralizzante sufficiente. Il plasma donato viene quindi opportunamente trattato e conservato, pronto ad essere utilizzato sui pazienti che dovessero rientrare nella fattispecie prevista dallo studio, cioè pazienti con la malattia Covid-19 in fase iniziale. “E’ nelle prime fasi della malattia che questo plasma iperimmune può rivelarsi maggiormente efficace, – continua il professor Grossi – perchè gli anticorpi neutralizzanti in esso contenuto andrebbero ad ostacolare la replicazione virale nella fase in cui essa è massima, nel tentativo di contenere lo sviluppo dell’infezione e le sue conseguenze sull’organismo, prima fra tutte la potente reazione infiammatoria che è la causa della maggior parte dei ricoveri in terapia intensiva di questi pazienti”.

Risultati sinora positivi

L’obiettivo di questo studio, avviato dopo l’utilizzo del plasma iperimmune a Mantova e Pavia, è dunque quello di dimostrare l’efficacia della terapia nell’infezione da Sars-CoV-2: “A tale proposito, in base ai primissimi riscontri, mi sento di essere ottimista, ma solo i dati rilevati con questo studio potranno confermare l’efficacia di questa terapia, il cui principio di base è già stato ampiamente applicato nella storia della medicina per debellare le infezioni, generalmente con successo, anche se non sono mancati casi in cui non si è rivelato efficace, come accaduto ad esempio per Ebola: con quel tipo di virus il plasma iperimmune non ha sortito gli effetti sperati. Ecco perchè è determinante condurre questo studio“.

Il professor Grossi spera però in cuor suo che questo studio fallisca: “Mi spiego meglio – tiene a precisare – mi auguro che il plasma iperimmune confermi la sua efficacia contro il Covid-19, ma il mio più grande auspicio è che questo studio non si concluda per mancanza di pazienti. Se tutti continueranno a rispettare le misure per la prevenzione dell’infezione, non ci sarà bisogno di procedere a somministrare alcuna terapia anti-Covid”.

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