L’arbitro Luca Marelli racconta il “suo” calcio: “La sudditanza non esiste”

A volte le cose belle capitano quasi per caso. Magari basta uno zio arbitro che ti sollecita in qualche modo. Ne sa qualcosa il mitico ex arbitro Luca Marelli che nella lunga chiacchierata ha regalato alcuni aneddoti davvero divertenti. Le storie più romantiche nascono sui campi polverosi e poi c’è la magia degli stadi più prestigiosi. Tutto ebbe inizio a Como.

Come è iniziata la carriera di Luca Marelli arbitro?

Una domenica pomeriggio viene mio zio, il fratello di mia mamma. Viene a trovarci a casa, mi guarda e mi dice: ma non sei stufo di poltrire e di guardare la televisione? Perché domani non vieni al corso degli arbitri, è una cosa che potrebbe piacerti. Avevo 19 anni e non sapevo neppure che lui fosse un arbitro. Gli dissi sì sì ci vengo sicuramente, ma ovviamente non avevo nessuna intenzione di andarci. Il giorno dopo spinto dalla curiosità ci sono andato. Il corso alla vecchia sezione del CSI a Como. Ho fatto il corso e poi ho esordito al vecchio campo di San Giuseppe a Como. Era in terra battuta, bianca, una roba terribile. E c’era mio zio a vedermi.

Esordio a 19 anni, non è tardi per un arbitro?

Sì è tardi. Già quando ero entrato in Aia a 22 anni mi avevano detto che non sarei andato oltre la Terza Categoria che era l’ultima categoria provinciale. Il presidente Calabrese invece decise di promuovermi lo stesso in Regione. Al primo colloquio con il presidente Curti, avevo quasi 24 anni, e lui mi disse che per uno di 24 anni non c’era nessuna prospettiva di carriera. Forse riuscirai a fare l’esordio in Prima Categoria o per esagerare, Promozione, mi disse. Io gli risposi: vedremo. E lui si mise a ridere. Ma io non sapevo neppure cosa ci fosse dopo la Regione. Ho iniziato a pensare alla SerieA solo quando arbitravo in C. A 27 anni, dipo due anni e mezzo dal colloquio, mi disse che l’avevo convinto e che mi avrebbe mandato agli scambi, la prima categoria nazionale. Non aveva dimenticato il nostro colloquio.

Quando la svolta?

Una partita Primavera, quarti di finale di andata della Coppa Italia, Torino-Verona. Alla fine del primo tempo entra negli spogliatoi l’ex arbitro, il compianto Claudio Pieri, mi ha letteralmente attaccato al muro dicendomi che sarei arrivato in SerieA. Però devi cominciare a correre mi disse. In quel momento lì è scattato qualcosa. Ho capito esattamente cosa avrei potuto aspettarmi dal futuro. Dal giorno dopo ho cominciato ad allenarmi e ho fatto l’ultima parte di stagione in maniera molto brillante, ottenendo un sacco di valutazioni positive. Alla fine della stagione vengo promosso in SerieD dopo aver arbitrato la gara decisiva tra Borgomanero-Volpiano. 2 anni in Serie D obiettivamente buoni nei quali non ho avuto grossi problemi coronati dalla finale del Campionato Primavera a Jesi tra Lazio e Pescara.

Qual è il ricordo dell’esordio in SerieA?

Dopo sole 7 partite arbitrate in serie B ho esordito in Serie A all’Olimpico in Lazio Siena 3 a 2. C’era Di Canio e Igli Tare e Chiesa nel Siena. Ero passato dall’essere troppo vecchio in Regione all’essere molto giovane in SerieA. La prima cosa che ho fatto è stata quella di guardare in tribuna perché erano presenti i miei genitori.

La partita più bella da arbitrare?

La finale di C tra Avellino e Napoli al Partenio del 2005. La partita che in assoluto mi ha dato più emozioni. Era la gara di ritorno. All’andata era finita pari e al ritorno vinse l’Avellino che fu promosso in serie B. Arbitrai bene, tanto che anche i giornali di Napoli del lunedì diedero un giudizio positivo alla mia prestazione indicandomi come il migliore in campo. A fine partita incontrai il dirigente del Napoli Marino che mi disse che non aveva niente da dire sulla mia prestazione e ancora oggi gli sono riconoscente. E gliel’ho detto anche in trasmissione. Non è scontato quando la tua squadra, una squadra importante, viene eliminata a un passo dall’obiettivo.

Gli stadi mettono soggezione?

No. Sicuramente ci sono partite che mettono qualche preoccupazione in più. in Serie A e Serie B non c’è mai paura perché si è tutelatissimi. A me ad esempio la partita che ha messo più agitazione è stata Igea-Virtus Brindisi. Fu una partita assurda, finì 1 a 1 e successe di tutto. Iniziò con 40 minuti di ritardo. Si doveva garantire contemporaneità con la gara Melfi-Frosinone. Si giocavano gli stessi obiettivi. L’intervallo durò quasi un’ora. Le linee del campo erano state cancellate, la rete di una porta completamente tagliata, le bandierine del calcio d’angolo erano scomparse. Dovevamo rimettere a posto tutto. E lo stesso era successo a Melfi. Arrivammo in aeroporto con un ritardo pazzesco, proprio mentre l’aereo stava decollando da Catania. E restammo lì.

L’arbitro sente il pubblico, è condizionante?

Si sente solo fino al fischio d’inizio, poi quando inizia la partita l’arbitro si isola dal mondo. E riesci a sentire solo ciò che succede in campo. Ed è il motivo per cui anche quando si sentono cori contro, non proprio da applausi, l’arbitro non se ne accorge proprio. È concentrato solo sulla partita, è concentrato solo su ciò che fa la squadra bianca e la squadra rossa. Quella della sudditanza psicologica è una delle più grandi sciocchezze che si sentono dire.

Quindi neppure di fronte alle squadre più blasonate non c’è sudditanza?

La sudditanza psicologica non esiste e la dimostrazione è Avellino-Napoli 2-1. Tutti quell’anno volevano il Napoli in serie B per la questione di avere maggiori incassi in serie B, per avere più spettatori per avere il Napoli, una squadra di grandissimo blasone. Alla fine però vinse l’Avellino 2-1 e il Napoli non riuscì a salire. Non esiste la sudditanza psicologica.

C’è una sua partita arbitrata in modo pessimo?

Modena-Juventus. Ne combinai di tutti i colori. Sbagliai da entrambe le parti. Sbagliai tutto. Non ho espulso un giocatore del Modena, non ho espulso Del Piero che fece un’entrata a martello su Campedelli. Feci talmente male da essere sospeso per 5 settimane. Peraltro meritate. Mi chiamò il mio migliore amico e mi chiese cosa fosse successo perché stava sentendo di mille polemiche scoppiate per la mancata espulsione di Del Piero. Fuori dallo stadio vidi Campedelli con le stampelle. Fu davvero una brutta giornata.

Le danno del permaloso?

Le persone superficiali non le ascolto, chi mi conosce sa che non sono un permaloso, ma ho un caratteraccio. Semplicemente me la prendo se sento qualcuno esporre una teoria senza sapere nulla.

Consiglierebbe ai ragazzi di arbitrare?

Certamente sì. Quando entrai guardavo la bocca delle persone perché ero timido. Grazie all’attività arbitrale ho imparato a guardare le persone negli occhi. Facendo l’arbitro non puoi essere timido. Se non riesci a guardare in faccia una persona non puoi fare l’arbitro.

Cosa rappresenta per lei Collina?

A livello umano non abbiamo mai legato, ma se mi invitasse a pranzo io ci andrei perché ormai sono passati tanti anni. A livello tecnico sia come dirigente che come arbitro è stato sicuramente il numero uno. La sua preparazione era inarrivabile. Poi c’è la questione personale che va distinta. Non c’è stato più alcun tipo di rapporto con lui.

Qual è stato lo stadio più emozionante?

Senza dubbio Marassi, lo stadio di Genova è uno stadio straordinario che ti regala un sacco di emozioni con queste tribune vicine al campo. Uno spettacolo incredibile. Entrare a Marassi era bellissimo. Stupendo anche il vecchio Matusa di Frosinone. Poi ci sono stadi che fanno curriculum. Al Delle Alpi era bruttissimo arbitrare. A Verona è terribile arbitrare, sembra di essere in un parcheggio. Anche all’Olimpico di Roma e a Napoli non è il massimo per via della pista di atletica. Ho un ricordo straordinario di una gara internazionale come quarto. Arbitrava Rosetti. Eravamo al Celtic Park. Un’atmosfera fantastica. Mi fecero sedere su una sedia. Mi toccò da dietro un tifoso e mi offrì una pinta di birra

Accettò?

No, ero giovanissimo, al secondo anno di SerieA. Magari un arbitro con più esperienza, per scherzare, l’avrebbe anche potuta prendere

Cosa deve fare il mondo arbitrale per entrare nella dimensione 2020?

Cambiare il presidente

 

Luca Marelli SerieA-MALPENSA24