Ma che vita è? Due etti di gorgonzola per uscire di casa…

MAMME SEGREGATE IN CASA CON I BIMBI PICCOLI, LITIGI FAMILIARI E PRIMI SEGNI DI INSOFFERENZA

Sapete qual è il vero dramma? E’ che il coronavirus e le misure adottate per contenere l’epidemia hanno cancellato la nostra vita. Non solo la vita a cui eravamo abituati, ma la vita sociale nel suo complesso, senza la quale l’uomo non è più se stesso. I social e internet sono un ottimo surrogato (immaginiamo la situazione attuale senza internet, videoconferenze, whatsapp, facebook, instagram, tik tok e così via). Ma basteranno per consentirci di vivere per mesi come talpe nella tana? Il governo ha varato il decreto Cura Italia, lo spirito di coesione nazionale si fa sentire, gli Italiani rispondono con disciplina, coraggio e orgoglio nazionale, ma quanto potrà durare? Diversi nostri lettori cominciano a farsi queste domande.

Cambiano, dunque, tutti i paradigmi e sarà bene cominciare a farsene una ragione. E a crearsene di nuovi. Nuovi paradigmi per nuovi modelli di vita. Più semplici ed essenziali.

Nessuna crisi economica nel passato può essere paragonata a questa, se si protrarrà per mesi. Nemmeno quella del ‘29 descritta nei libri di storia. E sapete perché? Perché pur con tutte le immissioni di soldi nel sistema, non potremo spenderli. I soldi hanno un valore se possono essere trasformati in beni o servizi. Ma se non c’è niente da comprare, a che servono? A che servono se non si può nemmeno uscire di casa per spenderli? Badate bene, questa è proprio la situazione micro-economica e sociale che stiamo vivendo. Nei supermercati di Gallarate e Busto Arsizio, ci hanno riferito di persone che – nel pieno rispetto delle regole e cioè senza accompagnatori, munite di mascherina e rispettose della distanza di un metro – si presentano per acquistare 2 etti di gorgonzola oggi e una mozzarella domani. Niente di più. Solo 2 miseri etti di formaggio. Sono i primi segni di insofferenza. Stiamo cominciando ad affidare a quei 2 etti di gorgonzola la nostra vita sociale, uno sprazzo fugace di luce per sentirci vivi.

Bisogna cominciare a valutare i risvolti psicologici collettivi e sociali di un regime di quarantena lungo mesi. La quarantena, per sua stessa definizione, è un periodo di segregazione e di isolamento forzato di quaranta giorni. Che veniva imposto agli equipaggi delle navi nel XIV secolo, per proteggere le città costiere dalla peste. Ma, appunto, era un periodo limitato di tempo. Dicevamo dei primi segni di insofferenza: quante mamme con i bimbi a casa non sanno più che pesci pigliare? E poi le liti di questi giorni al supermercato, le tensioni familiari, le violenze domestiche che stanno segnando anche la nostra provincia, tutti sintomi iniziali di una sindrome altrettanto grave quanto il Covid-19, se non sapremo tirar fuori subito la parte migliore di noi stessi. A proposito, vi ricordate quanto portare a spasso il cane era una solenne rottura di scatole? E andare a lavorare?

A parlare di queste cose solo 3 mesi fa si veniva presi per matti. Oggi queste cose sono un dato di fatto. Qui non si tratta di sentire la mancanza di una birra con gli amici, ma di resistere in casa da sole in un bilocale con due bambini di 5 e 8 anni (o dell’età che preferite), come ci ha scritto Anna C., una lettrice di Somma Lombardo. Anche la resistenza umana ha un limite. Con la quale prima o poi bisognerà fare i conti. E darsi nuovi paradigmi di vita.

Ma non corriamo. Soprattutto non fasciamoci la testa prima del necessario. Certo, la notizia che il vaccino made in Italy ha avuto il via libera per la sperimentazione sui topi ha fatto esultare ieri molti lettori. Peccato che la sperimentazione umana potrà partire solo in autunno. Confidiamo allora, come ci suggerisce Ferdinando Penna, autore delle foto qui sotto, nell’estate e nel rialzo delle temperature: il caldo sembra non piacere al coronavirus (in realtà con il caldo si creano semplicemente condizioni meno favorevoli per il contagio) e comunque lo vedremo fra non molto. E confidiamo nelle misure restrittive che dovrebbero cominciare a dare risultati fra qualche giorno.

Questa rubrica è dedicata ai nostri lettori: raccontateci la vita ai tempi del coronavirus. La vostra vita. Mandateci via mail (coronavirus@malpensa24.it) foto e commenti di situazioni domestiche, di ciò che fate, di ciò che accade e di come state vivendo questi giorni difficili, le vostre riflessioni, i vostri quesiti. E noi pubblicheremo.

Il coronavirus ci regala Milano in fiore

Ferdinando Penna, pendolare per lavoro fra Varese e Milano, ha fotografato una Milano inedita: piazza Nicolò Tommaseo, direzione santa Maria delle Grazie, che si vede sullo sfondo, e poi l’ex fiera di Milano. La zona dove lavora. “In trent’anni non ho mai visto Milano così – ci scrive – Piazza Tommaseo è normalmente impraticabile per il traffico. Ora ci sono alberi in fiore, zero auto e il cielo sempre più blu. Da restare basiti”. Come dicevamo, è tempo di nuovi paradigmi.

Piazza Nicolò Tommaseo a Milano, come non l’avete mai vista
Piazza Nicolò Tommaseo in fiore
Milano a traffico zero, inimmaginabile

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