Mascherine tricolori in piazza a Legnano per dire basta alla «dittatura sanitaria»

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LEGNANO – Mini presidio in piazza San Magno a Legnano nel pomeriggio di oggi, sabato 2 maggio, ad opera delle “Mascherine tricolori”, il movimento nazionale di protesta contro la «dittatura sanitaria» imposta dal governo. Una dozzina di persone si è data appuntamento alle ore 16.00 per contestare i drastici provvedimenti presi contro il coronavirus che, a loro dire, «stanno ammazzando l’Italia e la sua economia». Particolarmente nutrito il dispositivo di forze di polizia presenti, tre Volanti e una pattuglia dei carabinieri oltre a una della Polizia Locale, con gli agenti del commissariato di via Gilardelli e i militari della caserma di via Guerciotti che hanno provveduto a identificare tutti i manifestanti e a sanzionarli per assembramento e, nel caso di alcuni, anche per essersi spostati fuori dal comune di residenza senza un valido motivo, entrambe circostanze vietate dai recenti decreti governativi per l’emergenza.

I manifestanti: «Ci fanno vivere di sacrifici e nella paura»

legnano presidio mascherine tricolori«Condividiamo il manifesto delle Mascherine tricolori – ha spiegato uno dei partecipanti al presidio prima di essere allontanato per l’identificazione e il conseguente verbale (nella foto qui sopra) – e continueremo a manifestare ogni settimana fino a quando la carcerazione di fatto che è stata imposta agli italiani non sarà revocata. Stiamo affrontando sacrifici immani, viviamo di privazioni e nella paura». Quello che spaventa di più i promotori della protesta, però, sono le prospettive per l’economia e l’occupazione: «Si stimano 14 milioni di disoccupati, con ristoranti, bar, la filiera agroalimentare e il settore turistico che vedranno dimezzati i clienti e quindi gli occupati. La nostra è una protesta non violenta per dire che l’Italia non è morta ma è più viva che mai, è il governo che non le lascia un futuro come non lo lascia alle aziende, promettendo finanziamenti che non arrivano».

«Attenti alla rabbia della gente…»

Alcuni manifestanti nascondono a stento la loro rabbia. «Siamo stanchi di non poter lavorare – ci confida un altro – ci costringono a stare in casa come carcerati a colpi di insulsi decreti. Ma attenti, quando non c’è più da mangiare la gente si arrabbia».

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