Messina Denaro, le tante domande che attendono risposte

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di Gian Franco Bottini

C’è chi usa il termine “cattura” e chi “resa”, noi ci rifugiamo in un più neutro “arresto” per  classificare  il fatto del momento: la fine della libertà del trentennale ricercato numero uno, Matteo Messina Denaro.

Certo che fra cattura e resa c’è una bella differenza ma per il momento, data l’identità del risultato finale, ci si sarebbe potuti accontentare della buona notizia e anche la Meloni avrebbe potuto evitare di rispondere rabbiosamente “non c’è stata nessuna trattativa” a chi, fin dal primo minuto, ha infilato, fra il plauso generale, qualche malevola interpretazione. La signora è sanguigna, e la cosa non ci dispiace, ma in questo caso la cautela era d’obbligo perché la sua reazione ha dato il destro a qualche malizioso di ricordare che “chi prima canta ha fatto l’uovo”.

In questa materia parlare di trattativa è cosa assai delicata, ma non si può d’altra parte non osservare che a questo termine si possono dare applicazioni variegate. Quando si parla di “trattativa” nel linguaggio corrente si intende uno scambio di proposte che preludono ad un accordo. Che lo Stato, soprattutto in materia finanziaria, abbia spesso fatto trattative anche con cittadini “birichini” è assolutamente innegabile (i vari condoni, scudi fiscali etc). Così come non si può  dimenticare che una stagione molto complicata della nostra repubblica fu risolta con una legge sui “pentiti” e sugli sconti di pena; anche in questo caso si era di fronte a una trattativa e nessuno ebbe qualcosa da ridire.

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Gian Franco Bottini

Il problema, a nostro parere,  non è quello di trattare.  Di fronte ad un risultato di interesse pubblico, il problema è unicamente quello di restare entro un binario, fissato dallo Stato, dove la sua dignità e la sua autorità non vengano né intaccate né sminuite, ma anzi riaffermate.

In questa ottica se, nel caso odierno, si trattasse di una “resa”, a nostro parere non ci sarebbe né da stupirsi né da vergognarsi e tanto meno verrebbe sminuito il risultato raggiunto. Un nemico, messo alle strette, avrebbe alzato le mani, ottenuto quello che la nostra Costituzione garantisce a tutti i cittadini (le cure per una malferma salute) e, oltre la propria libertà, avrebbe augurabilmente ceduto allo Stato  qualcos’altro di molto utile per allargare il risultato dell’operazione.

Sia chiaro noi non siamo per un  “fine che giustifica i mezzi” a prescindere;  ma nemmeno siamo per degli  ipocriti distinguo da salotto televisivo. Per queste ragioni ci permettiamo di suggerire alla Meloni, per il futuro, di non farsi inutilmente il “sangue amaro”, perché per quello che è stato il trentennale percorso della vicenda e per come si sono svolte le sue fasi finali, ci pare assolutamente legittimo che, anche per sola curiosità, ci si possano porre molte domande.

Si parla di una latitanza trentennale vissuta, a quanto pare, in uno spazio territorialmente ristretto e ci pare legittimo chiedersi come ciò possa essere avvenuto se “ricercati”, assolutamente meno noti, vengono regolarmente individuati anche fuori dal territorio nazionale. Ci pare legittimo chiedersi se, per caso, la risposta alla domanda precedente si dovesse cercare in un  legame con la famosissima “trattativa Stato-mafia” (nulla a che vedere con il concetto di “trattativa” di cui parliamo oggi) e se trent’anni fossero, per caso, il  periodo considerato giusto per “mandare in prescrizione” fatti e  personaggi che di quella vicenda furono protagonisti.

Ci pare legittimo chiedersi se il ritrovamento di documenti ed agende, dei quali si parla da decenni e dei quali non sempre in maniera credibile si sono perse le tracce, fanno parte degli obbiettivi di questa operazione o se l’obbiettivo è unicamente una loro definitiva “archiviazione”. Ci pare legittimo chiedersi quali siano stati i nodi di questa famosa “rete di protezione” che per reggere tre decenni non possono essere stati costituiti unicamente da modesti, seppur interessati, personaggi locali.

Forse col tempo e la pazienza per queste ed altre domande ci saranno delle risposte. Per ora accontentiamoci del risultato e di quanto viene raccontato, augurandoci che la vicenda, comunque molto positiva, sia solo l’inizio di un percorso che aiuti a svelare i molti misteri di una drammatica stagione del Paese e non ne aggiunga degli altri.

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