VISTO&RIVISTO L’amicizia e l’integrazione sono viaggi ancora possibili

minchella digregorio visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

LONTANO LONTANO, di Gianni Di Gregorio (Italia 2020, 90min.).

Un altro magnifico capolavoro di Gianni Di Gregorio. Grazie alla piattaforma digitale della Rai, Rai Play, possiamo gustarci, comodamente da casa e al sicuro da ogni tipo di virus, un ritratto profondo, poetico e un po’ malinconico della visione che gli anziani di oggi, diversi tra loro, hanno della loro vita e del mondo che li circonda. Lontano, come sempre, da “cliché” e da facili analisi, Di Gregorio confeziona un originale e cinico viaggio nell’universo della terza età, tra sogni, desideri, paure e voglie di riscatto.

In “Lontano Lontano” troviamo una sceneggiatura scarna e perfettamente equilibrata che rende la vicenda più vera e possibile. Di Gregorio, che ha scritto alcune tra le sceneggiature dei film di Garrone, sa usare le parole e le immagini in maniera essenziale ed unica. Riesce a creare, con pochissimi elementi, sequenze che vengono scolpite in maniera chiara e penetrante nella mente degli spettatori dei suoi film.

Come negli altri lavori di Di Gregorio, anche qui possiamo “toccare con mano”, quasi, i protagonisti di questa surreale quanto intensa storia di amicizia e di desideri. Il Professore e Giorgetto, che sin dall’inizio del racconto ipotizzano un viaggio in un altro paese per poter vivere più dignitosamente con le loro pensioni troppo basse e comunque inique, sembrano essere due nostre vecchie conoscenze. Ci affezioniamo subito a loro, alle loro storie, alle loro anime. La regia di Di Gregorio, poi, ci fa entrare nella Roma calda e muta che fa da sfondo alle vicende dei protagonisti. Come accade nei lavori dell’autore romano, le strade, le piazze, i portoni e i bar di Roma diventano parti vive e fondamentali per lo svolgimento della storia narrata. Trastevere, nello specifico, diventa un altro protagonista del film.

Oltre al professore di Latino e greco, impersonato dallo stesso Di Gregorio, e al suo amico Giorgetto, un convincente Giorgio Colangeli, nel film possiamo apprezzare l’ultima interpretazione del compianto Ennio Fantastichini, già evidentemente stanco ed affannato. Attilio, così si chiama il suo personaggio, è un “cittadino del mondo” che viene avvicinato dai due amici poiché si diceva fosse uno che si era trasferito in un posto lontano dall’Italia per godersi completamente la vita. Non appena i due vanno a trovare Attilio, in una viletta alla periferia della capitale, si rendono subito conto che in realtà Attilio vive in pianta stabile a pochi chilometri da Roma. Il progetto di abbandonare l’Italia per un paese caldo e più equo rimane comunque in vita. Anzi: nel progetto si inserisce anche Attilio, subito affascinato, che ne diventa presto il vero coordinatore ed organizzatore. Nell’arco di una settimana i tre nuovi amici dovranno sbrigare alcune faccende, burocratiche e non, per prepararsi definitivamente alla loro partenza per l’arcipelago delle Azzorre, così come ha consigliato loro Federmann, un gigantesco Roberto Herlitzka, un altro surreale personaggio della storia.

Al di là del desiderio del viaggio, che fino alla fine non sappiamo se sarà compiuto o no dai tre, il film in fondo ci parla dell’amicizia che può, in qualsiasi momento, trasformarsi e includere nuovi inaspettati elementi, e dell’integrazione tra le diversità come preziosa e salvifica esperienza che ogni uomo dovrebbe poter vivere per meglio conoscere se stesso.

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RIVISTO

PRANZO DI FERRAGOSTO, di Gianni Di Gregorio (Italia 2008, 73 min.).

Il bravo e duro sceneggiatore di “Gomorra” decide di realizzare una piccola opera prima che parla di solitudini. Gianni Di Gregorio realizza con “Pranzo di Ferragosto” un piccolo miracolo che scardina le regole del cinema contemporaneo prendendo spunto dal “primo cinema” di Garrone e di Moretti. L’appartamento in cui si svolge la maggior parte della pellicola, ovvero la preparazione e, poi, il pranzo, diventa un palco essenziale ma estremamente vitale in cui le brave attrici recitano come nelle rappresentazioni più  barocche e più cariche del teatro italiano. Prima fra tutte la vera musa di Di Gregorio, che troveremo anche nel suo secondo film, Valeria De Franciscis, novantaduenne all’epoca delle riprese, che regge in maniera impeccabile tutta la narrazione della vicenda.

Una pietra preziosa da rivedere che fa parte di un cinema troppo poco esplorato ma che racconta in maniera analitica le sfumature impercettibili della società contemporanea.

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