VISTO&RIVISTO Una fiaba che aiuta a comprendere la follia dell’autoritarismo

minchrella jojo rabbit waititi

di Andrea Minchella

VISTO

JOJO RABBIT, di Taika Waititi (Nuova Zelanda-Stati Uniti-Germania 2019, 108 min.).

Jojo Rabbit diverte. Jojo Rabbit commuove e fa riflettere. Schernire e ridicolizzare epoche oscure e disumane della storia dell’uomo è sempre stato un ottimo strumento di catarsi. E il cinema, spesso, ha utilizzato con successo questo registro per affrontare, senza retorica né facili giudizi, le grandi tragedie e gli eventi più traumatici che ciclicamente si presentano nella vita dell’umanità.

Taika, regista neozelandese, scrive, interpreta e dirige un’originale visione dell’epoca più raccontata e analizzata in assoluto dal cinema moderno: il Nazismo. Il regista crea dal nulla un interessate racconto di un bambino, il bravissimo Roman Griffin Davis, che durante la dittatura nazista, in Germania, si ritrova a far parte della “gioventù hitleriana”, in cui si cerca di forgiare le nuove leve che possano andare a rafforzare le ormai compromesse e vulnerabili truppe tedesche. Il giovane Jojo, malignamente chiamato “Rabbit” dai suoi compagni senza scrupoli, vuole fare di tutto per mettersi in luce in quello che ritiene essere un dovere necessario verso la sua amata Germania. Presto Jojo, però, scoprirà che sua madre protegge e nasconde “quelli che il regime nazista cerca ostinatamente per liquidarli definitivamente.” Proprio nella sua casa, Jojo dovrà rapportarsi con la spaventata ma decisa Elsa, una giovane ebrea che la mamma di Jojo, un’incantevole e ritrovata Scarlett Johansson, ha deciso di nascondere per proteggerla dai continui e improvvisi rastrellamenti.

E così il giovane Jojo, che ha come amico immaginario un ridicolo e paterno Adolf Hitler, interpretato dallo stesso Taika Waititi, presto si innamorerà della giovane, e vedrà sempre più con distacco e numerosi dubbi tutta la dottrina nazista che permea la quasi totalità della sua giovane esistenza. Quando la Ghestapo incomincerà a dubitare di sua madre e della sua onestà nei confronti del Reich, il racconto diventa più profondo e la tensione che si sviluppa avvolge e, quasi, asfissia lo spettatore che fino a qualche istante prima aveva, invece, assistito ad una originale e riuscita farsa che prende spunto dalla cinematografia più demenziale di Mel Brooks.

Ma Waititi fa di più: rielabora, infatti, in maniera equilibrata e convincente, la gigantesca opera di Charlie Chaplin “Il Grande Dittatore”, che già nel 1940 trasformava il terribile e iconografico Adolf Hitler in un ridicolo, goffo e minuscolo essere, vittima soprattutto dei suoi tic e delle sue debolezze. Waititi “Hitler” nasce direttamente da quel Chaplin che incantò il mondo intero, rendendo più umano e meno mitologico uno dei più terribili e complessi protagonisti del ventesimo secolo.

***

RIVISTO

MEIN FUHRER – LA VERAMENTE VERA VERITA’ SU ADOLF HITLER, di Dani Levy (Mein Fùhrer – Die wirklich wahrste wahrheit ùber Adolf Hitler, Germania 2007, 90 min.).

Un’irriverente pellicola sul terribile Adolf Hitler. Il bravo regista svizzero Levy decide, come già fece Chaplin nel 1940, di capovolgere il punto di vista su uno dei più traumatici e violenti capitoli della storia moderna. Con un registro ironico e leggero, ma mai banale o manieristico, il regista mette in scena un’originale vicenda che ruota attorno al Fuhrer e ai suoi lati umani più tristi e ridicoli. La caricatura di Hitler riesce perfettamente, e la narrazione risulta lineare, divertente ed equilibrata. Lo spettatore assiste ad una surreale descrizione di un uomo depresso che non ha più idee né progetti per la sua grande Germania. Sembra che l’unica cosa che lo può risollevare sia il suo vecchio maestro di recitazione, che Goebbels scova in uno dei tanti campi di concentramento sparsi per l’Europa.

La pellicola già prima di uscire nelle sale aveva dato vita a parecchie polemiche, poiché molti pensano che ridicolizzare troppo un personaggio come Adolf Hitler possa indurre facilmente a provare pena o compassione per un uomo che, invece, non sembrava provare né pena né compassione, e le cui decisioni sono ricadute tragicamente su milioni di vite umane.

Credo, invece, che l’arte e il cinema, a differenza della Storia, possano e debbano percorrere vie alternative che stimolino riflessioni e analisi comunque legittime e realistiche, anche su eventi ed epoche tanto complesse quanto tragiche e violente.

minchella jojo rabbit waititi – MALPENSA24