VISTO&RIVISTO Tre non è il numero perfetto

minchella moretti tre piani

di Andrea Minchella

VISTO

TRE PIANI, di Nanni Moretti (Italia- Francia 2021, 119 min.).

Per la prima volta Nanni Moretti decide di realizzare un film senza prima pensarlo e scriverlo. “Tre Piani”, infatti, è tratto dal romanzo omonimo israeliano di Eshkol Nevo che ambienta la sua vicenda in una Tel Aviv universale e mitografica. Moretti, che ritiene questo romanzo un potente ritratto della società contemporanea e delle sue fratture profonde ed irreversibili, ambienta la vicenda nella sua Roma, ma evita per tutta la narrazione di farci capire che sia proprio Roma, suggerendoci, così, che questa vicenda può svolgersi in qualsiasi angolo del mondo. E così assistiamo alle vite di quattro famiglie che vivono in un palazzo signorile di tre piani, appunto, le cui vicende, inaspettatamente, si intrecciano dando vita a drammi e incomprensioni che compromettono definitivamente la vita di ogni abitante del condominio. Ogni famiglia è composta da tre individui e sembra essere attraversata da una profonda e incomprensibile frattura che trasforma irrimediabilmente ogni relazione che si instaura tra gli inquilini dello stabile.

Ci sono Vittorio e Dora, coppia di magistrati, che devono fare i conti con il figlio Andrea, sempre nei guai e poco consapevole del dolore che scaturisce dalle sue azioni. Ci sono Lucio e Sara, giovani borghesi, genitori della piccola Francesca, che faranno i conti con la paura, il sospetto e l’ossessione senza rimanerne illesi. C’è Monica che partorisce, proprio all’inizio della pellicola, e che aspetta invano che suo marito possa tornare a casa per salvarla. Ci sono poi gli anziani Renato e Giovanna che fanno da “baby sitter” alla piccola Francesca e che hanno una bellissima nipote, Charlotte, che arriva da Parigi per venirli a trovare. Apparentemente tranquille e indipendenti, le vite dei protagonisti sono continuamente messe alla prova e finiscono per intrecciarsi, in alcuni casi, o per dissolversi in maniera irreversibile, in altri.

Ciò che il romanzo fa, e che il film sottolinea in maniera puntuale, è una descrizione analitica e realistica della totale incomunicabilità che si contrappone tra le esistenze dei protagonisti. Oltre alla gigantesca incapacità di relazionarsi con un’altra generazione, ci viene descritta una vera e propria barriera che si erge tra una persona e l’altra, tra un famigliare e l’altro. Le vicende dei protagonisti, infatti, sembrano essere caratterizzate da una cronica e perpetua incapacità di essere compreso e di non comprendere le richieste dell’altro, che sia un vicino di casa o che sia il nostro compagno, compagna, marito o moglie. Per tutto il racconto, di cui noi diventiamo testimoni inermi, vediamo la sofferenza e il dolore sgorgare dalle anime fragili dei protagonisti ma non possiamo fare nulla.

Il rancore e il sospetto, poi, diventano spesso il collante per tutte le emozioni che i personaggi sono costretti a vivere nella loro quotidianità frenetica e sorda. Il ritratto che fa Nevo, prima, e Moretti, poi, è una sorta di psico analisi della società contemporanea: i tre livelli nei quali Freud divide l’apparato psichico di una persona non sono altro che gli approcci alla vita circostante che hanno Lucio, l’Io istintivo, Monica, l’Io a metà tra istinto e censura razionale, e Vittorio, il Super Io del controllo e del divieto. In assenza di una completezza della propria coscienza il risultato può essere devastante. E dunque c’è spazio per la Legge, il film è pieno di rimandi a magistrati, tribunali, processi e prigioni, che dovrebbe sanare, spesso senza risultato, ciò che la società non è in grado di auto imporsi. Ma la Legge, in realtà, punisce senza fornire una cura reale e necessaria all’anima. Dunque, come si vede nel film, è necessario sempre la presa di coscienza di ciò che si è per poter intraprendere una nuova e più giusta traiettoria di vita.

Il cast è perfetto. Moretti, che interpreta il giudice duro e irremovibile, è forse l’unica figura che risulta eccessivamente bidimensionale, mentre Buy, Rohrwacher, Giannini, Scamarcio, Ragno, Bonaiuto e gli altri apportano alla narrazione una preziosa e insostituibile energia drammaturgica.

***

RIVISTO

BIANCA, di Nanni Moretti (Italia 1984, 96 min.).

Il vero manifesto di Nanni Moretti. Il capolavoro che racconta in maniera unica ed epica le ossessioni che ognuno di noi ha. Il film diventa una vicenda iconografica dove le emozioni più profonde e i desideri più inconfessabili si intrecciano dando vita ad una realtà onirica ed angosciante in cui tutti noi ci riconosciamo.

minchella moretti tre piani – MALPENSA24