Bottini: “Un fronte populista moderato per contrastare la Lega di Salvini”

moderato lega salvini

BUSTO ARSIZIO – Lega e Cinque stelle marciano e gli altri partiti arrancano. Così è la politica in tempi di geografie variabili. Dove nel centrodestra (ma anche nel centrosinistra) una delle domande più in voga è se esiste ancora il Pdl. Risposta variabile: dipende. Ciò che vale a Roma, non vale a in Regione Lombardia (e non solo). Con Fratelli d’Italia che “un po’ sta dentro e un po’ sta fuori”. Difficile orientarsi. Soprattutto per chi si sente politicamente orfano, pur avendo trovato casa sotto il tetto del civismo e dove c’è chi sta provando a dare vita a un soggetto politico con l’obiettivo di affrancarsi dalla Lega. E sotto quel tetto c’è Gianfranco Bottini, convinto, oggi più di ieri, che la via è segnata. Ora va solo percorsa fino in fondo.

Nessuno lo dice, tanti lo pensano e tutti stanno a guardare quel che accade. La sensazione è che l’area moderata dentro e fuori i partiti di centrodestra sta pensando di “svincolarsi” dalla Lega salviniana. E’ così anche per lei?
«Se staccarsi dalla Lega significa ricostruire un’area moderata, io sono il primo a essere d’accordo. Ma non l’unico».

Sono anni che si parla di ricostruzione partendo dal voto moderato “in libera uscita. Ma da dove si parte a ricostruire?
«Dal comprendere come mai a fronte della perdita di appeal dei partiti tradizionali si sono registrate da un lato l’avanzare di Lega e Cinque stelle e dall’altro il diffondersi delle liste civiche».

Insomma secondo lei la geografia politica di qualche anno non funziona più. Sta dicendo che oggi l’alternativa è tra “sovranisti – populisti” e “civici?”
«In parte sì. Oggi abbiamo da un lato un fronte Sovranista – populista e dell’altro un’area, sempre più grande, che fa riferimento ai valori civici e che spero possa presto diventare un fronte più organico e, mi consenta il temine, populista – moderato. Per fare ciò occorre superare le vecchie logiche della politica di partito, pur mantenendo quelle energie positive e quelle idee che per più di vent’anni fecero del Pdl un’alleanza di governo. Anzi, di buon governo».

Populismo moderato? Non suono come un contro senso?
«No e spiego il perché. Oggi i partiti non riescono più a parlare alla gente. E’ come se si fossero rinchiusi in una riserva entro la quale continuano a valere liturgie e logiche che, oltre quel recinto, ovvero nella realtà, non funzionano più. D’altro canto hanno successo le formazioni politiche che sanno ascoltare la “pancia” dei cittadini. Salvini e Di Maio in questo non sbagliano un colpo. L’errore è di quella parte di moderati che non accettano questo. Attenzione, io dico che dobbiamo tornare a parlare con la gente, ma per farlo dobbiamo usare modi, proposte e idee che ci appartengono».

Dirlo è facile, farlo un po’ meno. Anche per mancanza di interlocutori, non crede?
«A livello territoriale, anche qui da noi, ci sono state esperienze in tal senso e che hanno funzionato. Penso a Esperienza civica, che ha trovato un’intesa con il centrosinistra, ma al suo interno conta un’ampia rappresentanza di centrodestra. Insomma noi abbiamo rotto gli indugi e dimostrato che si può stare insieme sulla base di idee condivise e senza rinunciare al proprio passato politico. Ora anche i civici però devono fare un salto di qualità e diventare una realtà organizzata».

Un Pdl 2.0, come quello di cui parla Raffaele Cattaneo, con l’aggiunta dei moderati di centrosinistra. E’ questo che intende?
«No. Cattaneo già sbaglia usando il termine Pdl. Ovvero dà un nome vecchio a qualcosa che dice essere nuovo. Io preferisco parlare di raggruppamento moderato. E siccome i moderati sono sia nel centrodestra, sia nel centrosinistra, far riferimento al Pdl, anche se solo nel nome, significa “soffocare il bambino nella culla”».

 

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