Monti: «Ospedali della provincia sotto pressione, ma gestiti con professionalità»

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Emanuele Monti

VARESE – Difende le scelte fatte da Regione Lombardia per affrontare la seconda ondata del virus, ma ammette che Varese e tutta la sua provincia avrebbero meritato un po’ più attenzione da parte di Milano. Punzecchia l’assessore Gallera, che al Pirellone danno in bilico in ottica di rimpasto di giunta. Racconta di due aziende ospedaliere che stanno facendo miracoli davanti a un virus che corre e impone la ricerca di posti letto come fossero pane nel pieno di una carestia. Rende merito a Gianni Bonelli ed Eugenio Porfido, direttori generali rispettivamente dell’Asst Sette Laghi e Asst Valle Olona, «arrivati grazie alle scelte scevre da ingerenze politiche fatte a suo tempo dal governatore Fontana» ed esorcizza chi, nella gestione ospedaliera, sotto sotto avanza nostalgie del passato. E’ un Emanuele Monti, presidente leghista della Commissione Sanità del Pirellone, a ruota libera su Covid, Regione e tema della sanità.

Emanuele Monti, da giorni sta girando tutti i presidi ospedalieri della provincia di Varese e incontrando i dg delle Asst, ma anche medici e primari. Ci può riassumere cosa emerge da una situazione che percepiamo essere grave, ma che qualcuno fatica ancora a cogliere? 
«C’è un grafico di Ats Insubria illuminante (vedi foto sotto ndr), che ben fotografa cos’è accaduto alla nostra provincia in questa seconda ondata. Fino al 3 ottobre il Covid sembrava ormai alle spalle. Dal giorno dopo, e nel giro di 4 settimane, il virus ha registrato una spaventosa esplosione e diffusione».

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Vuol forse dire che per la seconda volta il virus è riuscito a sorprendere tutti? Difficile da accettare, non crede? 
«In situazioni come queste bisogna controllare l’emotività. Guardiamo i fatti. Oggi, a differenza di marzo e aprile, c’è un piano e un’organizzazione su scala regionale. Continuano a mancare, non solo a noi a dir la verità, le armi adeguate per combattere questo virus: ovvero non c’è il vaccino. Però non è vero che il Covid ci ha sorpreso; è vero che i numeri sono enormi. Come è un dato di fatto che Regione Lombardia abbia ripianificato il sistema sanitario, individuando 18 ospedali hub che non hanno interrotto le operazioni chirurgiche e hanno messo in campo uno sforzo enorme per recuperare posti letto. E mi lasci aggiungere una cosa…».

Prego.
«
Se in primavera lo screening era difficoltoso, oggi i positivi li andiamo a cercare. Perché questo, al momento, consente di ricostruire il tracciamento e quindi di intervenire prima che le situazioni si aggravino. La Lombardia è la prima regione in Italia per numero di tamponi fatti e processati e per il tracciamento dei casi di positività. Questa è la prima risposta per smentire chi sostiene che nulla è stato fatto per prepararci a questa seconda ondata».

Un ritorno del virus che ha fatto di Varese ciò che è stata la Bergamasca nella primavera scorsa. Come hanno risposto (e stanno rispondendo) le due Asst del territorio? 
«Molto bene. E le scelte fatte da Attilio Fontana al momento delle nomine dei direttori generali si stanno rivelando azzeccate. Il presidente della Regione per gli ospedali di Varese e Busto ha fatto nomine tecniche, basate su profili e competenze. Scelte scevre da ogni ingerenza politica. Questo ci ha permesso di avere due direttori generali di altissimo livello e che si stanno dimostrando all’altezza nella gestione di una situazione tanto delicata quanto complicata. Siamo in un quadro pandemico, non dimentichiamolo».

Vero, però intanto i medici delle Asst Sette Laghi e Valle Olona vanno a dare man forte all’ospedale della Fiera a Milano e negli ospedali della nostra provincia, già in sofferenza, arrivano pazienti da tutta la Lombardia. Semmai dovrebbe essere tutto il contrario, giusto?
«C’è un piano regionale all’interno del quale ci sono anche le nostre aziende ospedaliere. Forse l’aver gestito al meglio l’impatto della seconda ondata ha mascherato le pesanti difficoltà in cui ora ci troviamo. Detto questo, è vero, Varese avrebbe meritato maggiore attenzione».

In effetti, se escludiamo la sua assidua presenza sul territorio in veste di consigliere regionale e presidente di Commissione Sanità, e quella di altri colleghi consiglieri della nostra provincia, la Regione in quest’ottica si è vista poco. Come mai?
«Io parlo del mio operato e, per quanto compete il mio ruolo da consigliere, credo di poter dire di non essermi risparmiato. Certo stride il fatto che l’assessore al Welfare Giulio Gallera non sia venuto fisicamente a Varese. E’ stato a Monza, ma non qui da noi».

Un ultima domanda, tornando alle nomine dei dg. C’è chi dice che le scelte fatte da Fontana non sia state digerite da tutto il mondo della politica. Più a Varese che a Busto, a dir la verità. Tanto che c’è chi ha nostalgia del passato più o meno recente. Sono malignità o verità sussurrate da qualcuno ben informato sui fatti? 
«I fatti dicono che oggi alla guida delle Asst della provincia ci sono due ottimi e stimati direttori. C’è chi ha nostalgia del passato? Non saprei. Di certo le scelte fatte da Fontana hanno un po’ scompaginato gli scenari del passato. Diciamo che, più che la politica, sono stati toccati quegli equilibri tra clinici, o gruppi di medici e rappresentanti di centri di potere non prettamente politici, ma forse più corporativisti. Scelte che hanno avuti effetti magari meno evidenti, ma più radicali a Varese piuttosto che a Busto».

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